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lunes, 26 de diciembre de 2011

Il Verbo si fece carne - Dal trattato «Contro Noèto» di sant'Ippòlito, sacerdote

Rivelazione di Dio invisibile

Uno solo è Dio, fratelli, colui che noi non conosciamo per altra via che quella delle Sacre Scritture.

Noi dobbiamo quindi sapere tutto quanto le divine Scritture ci annunziano e conoscere quanto esse ci insegnano. Dobbiamo credere al Padre, come lui vuole che gli crediamo, glorificare il Figlio come vuole che lo glorifichiamo, ricevere lo Spirito Santo come desidera che lo riceviamo.

Procuriamo di arrivare a una comprensione delle realtà divine non secondo la nostra intelligenza e non certo facendo violenza ai doni di Dio, ma nella maniera in cui egli stesso volle rivelarsi nelle Sacre Scritture.

Dio esisteva in sé perfettamente solo. Nulla c'era che fosse in qualche modo partecipe della sua eternità. Allora egli stabilì di creare il mondo. Come lo pensò, come lo volle e come lo descrisse con la sua parola, così anche lo creò. Il mondo cominciò ad esistere, perciò, come lo aveva desiderato. E quale lo aveva progettato, tale lo realizzò. Dunque Dio esisteva nella sua unicità e nulla c'era che fosse coeterno con lui. Niente esisteva se non Dio. Egli era solo, ma completo in tutto. In lui si trovava intelligenza, sapienza, potenza e consiglio. Tutto era in lui ed egli era il tutto. Quando volle, e nella misura in cui volle, egli, nel tempo da lui prefissato, ci rivelò il suo Verbo per mezzo del quale aveva creato tutte le cose.

Poiché dunque Dio possedeva in sé la sua Parola, ed essa era inaccessibile per il mondo creato, egli la rese accessibile. Pronunziando una prima parola, e generando luce da luce, presentò alla stessa creazione come Signore il suo stesso Pensiero, e rese visibile colui che egli solo conosceva e vedeva in se stesso e che prima era assolutamente invisibile per il mondo creato. Lo rivelò perché il mondo lo vedesse e così potesse essere salvato.

Questi è la Sapienza che venendo nel mondo si rivelò Figlio di Dio. Tutto fu creato per mezzo di lui, ma egli è l'unico che viene dal Padre.

Questi poi diede una legge e dei profeti e li fece parlare nello Spirito Santo perché, ricevendo l'ispirazione della potenza del Padre, annunziassero il volere e il disegno del Padre.

Così dunque fu rivelato il Verbo di Dio, come dice il beato Giovanni che sommariamente riprende le cose già dette dai profeti mostrando che questi è il Verbo, nel quale tutto fu creato. Dice Giovanni: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, senza di lui nulla è stato fatto» (Gv 1, 1. 3).

Più avanti dice: Il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo ha conosciuto. Venne presso i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto (cfr. Gv 1, 10-11).

martes, 20 de diciembre de 2011

Tempo di Avvento, IV Domenica - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
nella quarta domenica del avvento il Vangelo ci porta al momento più bello della storia umana e divina. L’intervista dell’angelo Gabrielle e la Madonna ci riportano alla nostra infanzia, quando nei giorni del Natale i nostri genitori ci ricordavano ciò che fu accaduto a Nazareth. Oggi lo stesso passaggio ci fa pensare nella risposta di Maria e del suo impatto nella salvezza del mondo.

Quella ragazza d’appena quattordici anni dimostra che era veramente piena di grazie. Alla proposta dell’angelo risponde con prontezza e soprattutto generosità. “Si faccia in me secondo la tua parola”, così come anni più tardi suo figlio direbbe “Sia fatta la tua volontà” mentre pregava nell’orto degli ulivi. Perché glielo aveva insegnato la Madre, perché tutti dobbiamo sapere che quello è lo scopo della nostra esistenza. La nostra felicità, la felicità di tutti in questa vita e in quella del al di là, dipende del compimento della volontà di Dio.

Purtroppo molti preferiscono compiere la propria volontà. Non vogliono rendersi conto che la volontà umana è imperfetta, perché siamo peccatori. Una volontà tante volte capricciosa e cambiante, mozza quasi sempre per l’egoismo. Ma ci sembra d’avere ragione, ci pare che la nostra strada è più bella, più feconda. 

E’ vero che Dio non risparmiò la Croce neanche a suo proprio Figlio. La volontà di Dio include la Croce perché è parte della vita. Si sbaglia chi pensa che facendo la propria volontà potrà eludere i problemi e le sofferenze. La Croce è dolorosa me ci portò la salvezza. Le croci quotidiane sono anche necessarie per la santificazione, per la fecondità, così come per seminare è necessario lavorare la terra.

Maria e anche Gesù ci hanno mostrato la strada giusta, quella che porta gioia e pace a tutti. Non possiamo pretendere di fare altrimenti. L’amore sincero include il sacrificio e le rinunce, perché attraverso tutto ciò si opera la redenzione.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

jueves, 15 de diciembre de 2011

Per lodare la Parola - Sei tu Signore il Pane



Sei tu, Signore, il pane,
tu cibo sei per noi.
Risorto a vita nuova,
sei vivo in mezzo a noi.

Nell'ultima sua Cena
Gesù si dona ai suoi:
«Prendete pane e vino,
la vita mia per voi».

«Mangiate questo pane:
chi crede in me vivrà.
Chi beve il vino nuovo
con me risorgerà».

È Cristo il pane vero
diviso qui tra noi:
formiamo un solo corpo
e Dio sarà con noi.

lunes, 12 de diciembre de 2011

Tempo di Avvento, III Domenica - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
la terza domenica del Avvento ha un nome particolare: Gaudete (rallegratevi). Se vi siete accorti le due letture ci invitavano a gioire. Nel salmo responsoriale abbiamo cantato il Magnificat della Madonna, che esulta di gioia in Dio. Ma tutta questa gioia cristiana ha una sola radice ed è questo ciò che la Chiesa ci vuole ricordare.

Immaginate un cagnolino legato tutto il giorno. Visualizzate lo stesso cane nel momento che viene slegato: corre in circoli, abbaia forte, salta e saluta al padrone. Tutto per manifestare la gioia di sentirsi libero. Più meno così si sente l’anima dopo di essere liberata dalla condanna eterna, dalla legatura del suo peccato.

Credo che tutti abbiamo fatto l’esperienza del perdono. Non ci sono parole per descrivere la sensazione di libertà e di pace dopo ricevere la remissione delle nostre colpe. Questa emozione la possiamo esperimentare ogni volta che ci confessiamo con vero dolore dei nostri peccati. E’ questa la gioia che ci invita a vivere la parola di Dio che abbiamo letto nella domenica “Gaudete”.

Così come San Giovanni è la voce che annunzia il Cristo che porta il perdono e la salvezza, soltanto chi ha fatto questa esperienza del sacramento della riconciliazione, sarà capace di annunziare il tempo di grazia del Signore. La Parola ci invita a ricevere il perdono e ad aiutare ai nostri fratelli a riceverlo. Solo così potremmo tutti gioire e goderci la pace che Gesù ha portato al mondo.

Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

domingo, 11 de diciembre de 2011

Mio santo padrone: sacerdote e catechista

Il Beato Cesare de Bus nasce a Cavaillon, città della Provenza, il 3 febbraio del 1544, il settimo di una famiglia di tredici figli. La famiglia de Bus, di origini italiane, è profondamente cristiana e, sulle ginocchia della sua mamma, Cesare impara ad amare Dio e a servirlo nella gioia.

Accogliente e riservato nello stesso tempo, i suoi doni artistici si manifestano sempre di più. Il suo spirito poetico, infatti, è ascoltato e applaudito negli ambienti raffinati della borghesia provenzale. Trascinato quasi a sua insaputa nella vita mondana dei suoi tempi, Cesare si allontana da Dio: egli diventa un cortigiano ambizioso e disimpegnato come tutti gli altri.

Dio che veglia su di lui, gli mette a fianco due semplici amici: Antonietta Reveillade, una dama di compagnia spesso presente a casa sua, e Luigi Guyot, un sarto che si impegnava come sacrestano della cattedrale. Mentre Antonietta parla a Cesare e lo provoca, Luigi prega per lui.

Una sera, mentre Cesare si appresta a raggiungere un gruppo di amici, è improvvisamente toccato dalla grazia di Dio. Nel suo cuore sente una voce: "Tu vai di nuovo a crocifiggermi!". Questa è la vittoria dell'amore sul peccato. Cesare, allora, prende una decisione e si ripromette: "Passerò attraverso la porta stretta e salirò i sentieri scoscesi che conducono alla salvezza!".

A 32 anni, Cesare riprende gli studi con coraggio e umiltà. Una domenica d'agosto del 1582 è ordinato sacerdote. Dopo questa data, il suo apostolato non cessa di organizzarsi e svilupparsi. Tutta la Provenza beneficia del suo annuncio convinto della Parola di Dio. Catechista geniale, Cesare vuole bene e predilige i bambini e per loro mette a punto delle catechesi adatte alla loro età. Per il ministero della Parola e della catechesi fonda una congregazione di sacerdoti, i Padri Dottrinari, per insegnare la Dottrina Cristiana a tutti i livelli.

Pur essendo cieco dal 1594, la sua passione per la salvezza delle anime non conosce riposo. Cesare si impegna a rimanere intimamente unito a Dio e il suo stile di vita è esemplare. Il mattino di Pasqua, il 15 aprile del 1607, dopo molte sofferenze muore sotto la protezione e i sorriso di Maria, la Vergine madre di Gesù e madre nostra.

viernes, 9 de diciembre de 2011

Per pregare meglio - A Gesú Buon Pastore

A GESU’ BUON PASTORE

Gesù mio, sono anch'io una tua pecorella; quante volte ho voluto allontanarmi da te, ho lasciato i pascoli erbosi, le acque tranquille dove tu mi conducevi, ho rifiutato di seguirti, di stare dentro il tuo gregge; ma ho trovato sassi e spine, acque amare e serpenti velenosi; nella solitudine e nel buio ho belato di paura, ho bramato di vedere il tuo volto, di sentire la tua voce….., E tu pure hai provato tanta pena per me, mi hai chiamato e cercato, nei fossi e tra i dirupi, infine mi hai raccolto, tremante, fra le tue braccia, sul tuo cuore mi hai fatto riposare, hai fasciato il mio piede sanguinante. Ed ora che ci siamo ritrovati, o mio Signore, voglio restare sempre con te, vicino a te, non voglio più separarmi, mai più! ", Ti amo, Gesù, mio Buon Pastore, mio Signore e mio Dio; fai che possa restare sempre con te, sempre con te, in Questo mondo e per tutta l'eternità. Grazie, Signore Gesù, mio Signore e mio Dio, mio tutto, ora e sempre. Amen.

lunes, 5 de diciembre de 2011

Tempo di Avvento, II Domenica - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
tutta Gerusalemme andava da Giovanni che predicava e battezzava nel deserto. Lui faceva un chiamato alla conversione e al pentimento. Il popolo giudeo confessava i suoi peccati e si faceva battezzare. Ma tutto questo movimento ha un’origine molto importante: il dolore per i propri peccati. Questo pentimento ha una radice essenziale che è l’amore a Dio. Giusto di questo fatto sorge la domanda per l’uomo d’oggi: Perché facciamo fatica per andarci a confessare? Perché sembrerebbe così difficile chiedere perdono a Dio? Perché tanti rimangono senza la grazia di Dio per lunghi periodi?

Quando offendiamo a qualcuno che amiamo molto subito ci nasce la necessità di fare pace. Non ci stiamo tranquilli sapendo che il nostro rapporto è ferito, c’è in noi l’urgenza di chiedere il perdono. Quando la persona che abbiamo offeso non è così importante per noi, di solito lasciamo passare il tempo. Quell’urgenza per riconciliarci non la sentiamo così forte come quando c’è l’amore. Ne anche parlare quando il rapporto con l’altro è molto debole o non esiste proprio. In quei casi forse non ci interessa fare pace nemmeno chiedere il perdono.

Allora è logico pensare che se dopo commettere un peccato non abbiamo un vero dolore per l’offesa fatta al Signore, non sentiamo la necessità di confessare, il nostro amore verso di Lui è molto debole. Questo è un grande problema, una mancanza che non possiamo trascurare.

Sicuramente oggi Giovanni chiama anche a noi. L’avvento è un tempo per esaminarci, nel caso d’oggi, sull’amore. Forse ci sono altri amori nel nostro cuore che tolgono il posto a Dio. Mentre non lo mettiamo nel centro della nostra vita faremmo sempre molta fatica ad andare avanti nella vita spirituale. Gesù ci offre il suo amore insieme al suo perdono, basta chiederlo, basta amarlo abbastanza come per curare sempre il nostro rapporto con Lui. Allora la nostra priorità di vita sarà la comunione con Cristo.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

lunes, 28 de noviembre de 2011

Tempo di Avvento, I Domenica - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
riflettendo il Vangelo della prima domenica d’Avvento ho ricordato un episodio della mia gioventù. Quando avevo quindici anni e cominciavo i miei studi del liceo ho scelto studiare scienze. Ricordo la mia sorpresa quando ho visto per prima volta il libro di Anatomia. Era proprio un mattone, secondo me impossibile da studiare. La sola idea di dover portarlo nello zaino a scuola, mi faceva stancare. Il primo giorno di lezione volevo conoscere a chi ci aveva fatto comprare questa carica, per me inutile. La dottoressa Aguilar era piccola e sorridente, ma dal primo momento ci fece capire che dovevamo impegnarci tutti giorni. Il suo metodo era semplice: ogni giorno uno di noi doveva mettersi in piedi e spiegare la lezione del giorno prima. Quindi da quel momento il libro (conosciuto come Tortora, per il cognome del suo autore) diventò un nostro compagno quotidiano. Devo riconoscere che alla fine quella è stata la materia più approfondita e approfittata di tutto il mio processo educativo. Ancora conservo il libro come ricordo della morale che mi fece imparare.

Due sono le lezioni che mi lasciò quella esperienza. La prima è che nessuna cosa che possa sembrare impossibile da fare lo è per chi è disposto a farla a poco a poco, un passo alla volta. La seconda morale è che dobbiamo essere sempre pronti, così come dovevamo studiare sempre perché non sapevamo quando ci sarebbe stato il nostro turno di spiegare lo imparato il giorno prima.

Nel Vangelo Gesù ci ricorda entrambe le cose. Prima che abbiamo tutti un compito. Non è soltanto di non fare del male, o fare sempre del bene. Per dirlo tutto è che dobbiamo essere santi. Sembra un compito difficilissimo però non impossibile perché sappiamo che molti ci sono riusciti. Sicuro che si lo facciamo un poco alla volta, un passo avanti ogni giorno, alla fine della nostra vita saremmo più vicini alla meta.
Il Signore ci ricorda anche che dobbiamo essere sempre pronti, ma come farlo se la santità è così difficile da raggiungere. Gesù non ci chiede impossibili, basta che quando “arriverà il padrone” ci trovi lavorando, voglio dire dando quel passo quotidiano. Così come alla mia professoressa bastava con verificare che avevamo studiato la lezione del giorno precedente.

Abbiamo cominciato l’Avvento. Siamo chiamati a cose grandi: alla santità, a far parte del Regno dei Cieli. Tutto si può con pazienza e costanza. Un passo al giorno, senza fermarci mai. E’ così possiamo dire con sincerità “Vieni Signore Gesù.”
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

jueves, 24 de noviembre de 2011

La vita eterna - Dalle «Conferenze» di san Tommaso d'Aquino, sacerdote

Mi sazierò quando apparirà la tua gloria

Quando saranno compiuti tutti i nostri desideri, cioè nella vita eterna, la fede cesserà. Non sarà più oggetto di fede tutta quella serie di verità che nel «Credo» si chiude con le parole: «vita eterna. Amen».

La prima cosa che si compie nella vita eterna è l'unione dell'uomo con Dio.
Dio stesso, infatti, è il premio ed il fine di tutte le nostre fatiche: «Io sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà molto grande» (Gn 15, 1). Questa unione poi consiste nella perfetta visione: «Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo faccia a faccia» (1 Cor 13, 12).
La vita eterna inoltre consiste nella somma lode, come dice il Profeta: «Giubilo e gioia saranno in essa, ringraziamenti e inni di lode» (Is 51, 3). Consiste ancora nella perfetta soddisfazione del desiderio. Ivi infatti ogni beato avrà più di quanto ha desiderato e sperato. La ragione è che nessuno può in questa vita appagare pienamente i suoi desideri, né alcuna cosa creata è in grado di colmare le aspirazioni dell'uomo. Solo Dio può saziarlo, anzi andare molto al di là, fino all'infinito. Per questo le brame dell'uomo si appagano solo in Dio, secondo quanto dice Agostino: «Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è senza pace fino a quando non riposa in te».

I santi, nella patria, possederanno perfettamente Dio. Ne segue che giungeranno all'apice di ogni loro desiderio e che la loro gloria sarà superiore a quanto speravano. Per questo dice il Signore: «Prendi parte alla gioia del tuo padrone» (Mt 25, 21); e Agostino aggiunge: «Tutta la gioia non entrerà nei beati, ma tutti i beati entreranno nella gioia. Mi sazierò quando apparirà la tua gloria»; ed anche: «Egli sazia di beni il tuo desiderio». Tutto quello che può procurare felicità, là è presente ed in sommo grado. Se si cercano godimenti, là ci sarà il massimo e più assoluto godimento, perché si tratta del bene supremo, cioè di Dio: «Dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 15, 11).

La vita eterna infine consiste nella gioconda fraternità di tutti i santi. Sarà una comunione di spiriti estremamente deliziosa, perché ognuno avrà tutti i beni di tutti gli altri beati. Ognuno amerà l'altro come se stesso e perciò godrà del bene altrui come proprio.

Così il gaudio di uno solo sarà tanto maggiore quanto più grande sarà la gioia di tutti gli altri beati.

lunes, 21 de noviembre de 2011

Solennitá di Cristo Re - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
non esiste cosa più naturale che amare ai nostri genitori. Magari la ragione più chiara è che sono stati loro a darci la vita e a curarci e farci crescere. La risposta normale a tanta attenzione è giustamente l’amore. Amiamo come risposta al amore ricevuto, non farlo sarebbe una grande ingratitudine. Perciò è naturale amare Gesù. Nessuno ci ha amato tanto, nessuno ci ha fatto tanto del bene. Lui si è consegnato per redimerci, per aprirci le porte del Cielo.

Celebrare la solennità di Gesù Cristo Re del universo ci fa pensare nella maniera come Lui regna sul mondo. Non possiamo immaginarlo come un re che approfitta la sua posizione, il suo potere, per dominare, per farsi servire. Tutto lo opposto, Lui abita in mezzo a noi come quello che serve, che si dona per amore e questo amore si traduce nel bene fatto a chi si ama. Si può capire allora perché nel Vangelo parla del giudizio finale facendo vedere come saremmo giudicati sulle opere di misericordia fatte o omesse.

Gesù non ha bisogno di niente perché Lui è Dio. Tuttavia si fa presente nei bisognosi, nei piccoli, nei sofferenti. Lì aspetta essere amato e servito. Quella è la maniera che i cristiani abbiamo di regnare. Così come il nostro Maestro è passato facendo il bene, anche noi siamo chiamati ad amare nel servizio a tutti, specialmente ai più deboli.

Per noi è naturale amare quindi sarà anche naturale servire. L’indifferenza non è parte del cristianesimo, siamo di quelli che si prendono cura degli altri, che sono disposti a donarsi e a rinunciare per il bene supremo. Soltanto attraverso l’amore si può trasformare il mondo. Soltanto amando si può entrare in paradiso.
Fino al Cielo.

P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

lunes, 14 de noviembre de 2011

Tempo Ordinario, XXXIII Domenica - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
nel Vangelo di domenica scorsa Dio manifesta la sua misericordia infinita. Precisamente lo fa attraverso la fiducia che dimostra facendoci parte della sua opera. Nella parabola, il padrone che rappresenta a Dio, prima di andarsene consegna a ogni uno dei suoi servi la quantità di talenti che ciascuno è capace d’amministrare. Si fida totalmente della loro responsabilità e si può dire di più, si fida del nostro amore che è ciò che alla fine ci fa agire.

Tuttavia la risposta umana non è sempre quella giusta. I due primi servi raddoppiano con il loro lavoro, il capitale affidato. Mostrano così il loro impegno, la loro volontà di servire il loro padrone. Mettendoci noi nel ruolo dei servi fedeli dobbiamo pensare che cosa ci muove ad operare e a servire Dio. Non siamo robot dunque le nostre azioni corrispondono a una motivazione interna. Abbiamo bisogno di rispondere questa domanda: perché agisco io, che mi muove a fare o non fare? Se la risposta è l’amore, siamo nella strada giusta.

Invece il terzo servo, chiamato “malvagio e pigro” per il padrone, non aveva fatto niente. C’era qualche mancanza, non aveva movente ne motivazione positiva. Soltanto un timore ingiustificato al suo padrone, basato in rumori, in chiacchiere. Non conoscendo veramente al suo padrone non lo amava, non si sentiva impegnato con Lui. Se la nostra religione è superficiale, è più un’abitudine esterna e no un rapporto personale con Gesù, siamo proprio nello stesso guaio del servo pigro.

Dio è amore, misericordia tradotta in fiducia. Lui ci fa partecipare attivamente nella sua opera, nella storia della salvezza. Basta lasciarci abbracciare di questo infinito amore per sentirci spinti a collaborare, a servirlo. L’amore ci fa generosi, creativi, imprenditori, capaci di trovare nuove maniere di servire, di creare nuovi mezzi per portare Gesù agli altri, etc. Siamo in ritardo quindi cominciamo oggi e con tutte le nostre forze.
Fino al Cielo.

P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

viernes, 11 de noviembre de 2011

Per pregare meglio - Implorare lo Spirito Santo

Siamo qui dinanzi a te, o Spirito Santo; sentiamo il peso delle debolezze, ma siamo tutti riuniti nel tuo nome; vieni a noi, assistici, vieni nei nostri cuori; insegnaci tu ciò che dobbiamo fare, mostraci tu il cammino da seguire, compi tu stesso quanto da noi richiesto.

Sii tu solo a suggerire e a guidare le nostre decisioni, perché tu solo, con Dio Padre e con il Figlio suo, hai un nome santo e glorioso; non permettere che sia lesa da noi la giustizia, tu che ami l'ordine e la pace; non ci faccia sviare l'ignoranza; non ci renda parziali l'umana simpatia, non ci influenzino cariche e persone; tienici stretti a te e in nulla ci distogliamo dalla verità; fa' che riuniti nel tuo santo nome, sappiamo contemplare bontà e tenerezza insieme, così da fare tutto in armonia con te, nell'attesa che per il fedele compimento del dovere ci siano dati in futuro i premi eterni.

Amen.

domingo, 6 de noviembre de 2011

Tempo ordinario, XXXII Domenica - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
tutti vogliamo andare al Cielo, va bene magari c’è qualcuno che non ha questa idea così chiara. duratura. Perciò quando oggi nel Vangelo il Signore ci parla del Regno dei Cieli possiamo pensare che la grande maggioranza degli uomini si sentiranno chiamati a questo destino felice.

Tuttavia molte persone non mostrano un grande interesse per andare in Cielo, per la felicità eterna. Forse la principale ragione è che non pensiamo spesso nella propria morte. Ma sappiamo che se c’è qualcosa garantita è giustamente la morte, che arriva prima o poi a tutti. Quindi dobbiamo essere pronti per riceverla e questo significa una preparazione spirituale autentica.

Le vergini stolte della parabola on avevano portato un po’ d’olio di più, forse per pigrizia o semplicemente trascuratezza. Erano state invitate alle nozze tanto come le altre cinque, quelle sagge. Avevano un compito, quello di accompagnare lo sposo. Sembra che erano interessate nella festa ma non abbastanza nella loro missione. Mancato l’olio non riuscirono a fare il loro dovere e comunque volevano entrare nel banchetto, senza successo perché non furono riconosciute per lo sposo.

Magari non era l’olio ciò che le mancava ma l’amore. Chi ama è sempre pronto per qualsiasi situazione, fino a donare la vita per l’essere amato. Le ragazze sagge sapevano che lo più importante era accompagnare lo sposo e si sono aprontate benissimo. Così dobbiamo fare anche noi, non accontentarci con il minimo sforzo ma cercare di dare al Signore il meglio di noi. Sempre si può perfezionare la nostra vita cristiana, il nostro rapporto con Gesù.

Questa domenica siamo stati chiamati o quasi mi azzarderei a dire avvertiti dal Signore. Se veramente vogliamo la felicità eterna dobbiamo essere sempre pronti, produrre i frutti che si aspettano di noi, amare fino alla fine, con tutte le nostre forze. Gesù lo merita tutto dipende da noi rispondere alla altezza della chiamata.
Fino al Cielo.

P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

viernes, 4 de noviembre de 2011

Per lodare la Parola - Signore tu sei nostro amico, Francesco Buttazzo



Signore, tu sei nostro amico
e ci vuoi bene in ogni istante...
ma il nostro cuore non ti pensa
e si dimentica di te.

Signore, rivolgi ancora gli occhi su di noi
e sorridici, perdonaci,
perché siamo amici tuoi.

Cristo Gesù, sei nostro fratello
e vivi nelle nostre case...
Ma spesso manca la tua pace,
perché non accogliamo te.

Cristo, rivolgi ancora gli occhi su di noi
e sorridici, perdonaci,
perché siamo amici tuoi.

Signore tu sei nostro maestro,
ci insegni a vivere nel bene...
ma spesso noi scegliamo il male,
dimenticandoci di te.

Signore, rivolgi ancora gli occhi su di noi
e sorridici, perdonaci,
perché siamo amici tuoi.

lunes, 31 de octubre de 2011

Tempo Ordinario. XXXI Domenica - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
ci sono alcune domande che dobbiamo rispondere per andare avanti per la strada giusta. Una di quelle è: qual’ è lo scopo della nostra vita, il senso della esistenza umana? Domenica scorsa Gesù ci ha ricordato che il centro della legge è l’amore, a Dio sopra ogni cosa e al prossimo come a noi stessi. Questa volta è Lui che ci ricorda che questo amore non è soltanto un bel sentimento.

L’amore cristiano si chiama carità. Non è semplice frutto delle forze umane, ma opera della grazia di Dio che agisce dentro di noi. Questo amore si traduce in opere di bene,perciò i cristiani sempre si distinguono perche sono servi. Lo stesso Cristo ci ricorda nel Vangelo d’oggi che chi vuole essere il primo dovrà essere lo schiavo di tutti.

Questo non lo avevano capito i farisei e gli scrivi. Perciò Gesù si lamenta di questo desiderio loro di apparire, di farsi vedere. La motivazione del discepolo di Cristo non può essere l’amore proprio ma l’amore a Dio. Nell’umiltà è la rinuncia si fa il vero bene, perché si pensa prima nel bene altrui, nella salvezza delle anime, nella felicità eterna.

Oggi il Signore ci chiama a servire sempre senza aspettare niente a contraccambio. Se approfittiamo ogni opportunità che la vita quotidiana ci offre per fare il bene, non avremo mai tempo per raccogliere complimenti ne ringraziamenti. Tutto ciò lo aspettiamo dal Padre che ci lo darà in abbondanza quando andremo da Lui nella vita eterna.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

martes, 25 de octubre de 2011

Tempo ordinario, XXX Domenica - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
non è cosa semplice parlare del amore. Dio è amore. Quando Gesù nel Vangelo di questa domenica ci ha parlato dei comandamenti principali, ci ha ricordato che tutto si riassume nel amore a Dio sopra ogni cosa e al prossimo come a noi stessi. Si dice subito, però è il compito della nostra esistenza.

Tutti sappiamo che il Signore ci ama. Se qualcuno ha qualche dubbio, basta dare uno sguardo alla Croce di Cristo. Gesù morto sulla Croce è la suprema prova dell’amore di Dio per l’umanità. La Croce ci parla di amore. Perciò non possiamo concepire un amore senza croce.

Allora sempre possiamo affermare che per amare c’è bisogno di una croce. Per amare dobbiamo essere capaci di pensare prima nell’essere amato, capaci di rinunciare, di negare noi stessi, dando la precedenza sempre a l’altro. Questo si applica nel amore a Dio tanto come nel amore al prossimo. Quindi se non siamo disposti al sacrificio, a lasciar perdere i nostri interessi, le nostre necessità, alla fine, il nostro metterci sempre in primo luogo, non riusciremo mai ad amare.

Questa volta Gesù ci propone una sfida primordiale nella vita cristiana autentica. Se vogliamo amare in verità, dobbiamo lasciarci guidare dalla Croce, dal suo esempio. Amare è bello, però non è facile. L’amore per la sua natura ci fa uscire da noi per andare all’incontro del fratello. Senza la croce della propria negazione non ci sarà mai possibile.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

lunes, 17 de octubre de 2011

Tempo Ordinario, XXIX Domenica - Fare vita il Vangelo

Giustizia è dare ad ogni uno ciò che è suo. Quando Gesù dice “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” subito ci dobbiamo domandare a chi apparteniamo. Nessuno è il proprio padrone, tutti apparteniamo a qualcuno. Essendo cristiani lo giusto è riconoscere la nostra appartenenza al Signore, tuttavia molte volte il nostro agire quotidiano rivela un cosa molta diversa.Ci sono molti “cesari” che si possono mettere al posto di Dio, rubandoci della sua mano. Possiamo elencare alcuni.

Il primo è secondo me più pericoloso “cesare” siamo noi stessi. Tante volte non ci arrendiamo al Signore perché siamo chiusi in noi stessi, convinti di che siamo il centro del pianeta. L’egoista è incapace de riconoscersi proprietà del Signore.

Il secondo, terzo e quarto “cesare” sono i conosciuti come nemici del’anima: il mondo, il demonio e la carne. Tutte e tre ci allontanano da Dio, diventando loro padroni della nostra esistenza. E così tanti altri come il denaro, il piacere disordinato, etc.

Non possiamo semplicemente non appartenere a nessuno, sempre sarà qualcosa che si impadronisca di noi. Una vita donata a qualsiasi “cesare” sarà sempre buia e triste. Non è bello donarsi a un padrone crudele, che non cerca il tuo bene.

Dio invece è il bel pastore, che si prende cura delle sue pecorelle. Lui è il Padre misericordioso che ci bacia e abbraccia sempre. Il Redentore che ci ha comprato a prezzo del suo sangue. Solo Lui ci può rendere veramente felici, la nostra vita ha in Lui un senso chiaro, una meta che è al di sopra di qualsiasi cosa.

Oggi dobbiamo fare giustizia a Dio e a noi stessi. Basta di appartenere a chi non ci merita, a chi non ha fatto niente di buono per noi. I “cesari” non amano, sono crudeli e sono la nostra perdizione. Diamoci a Dio, perchè sempre siamo stati suoi.
Fino al Cielo.

P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

miércoles, 21 de septiembre de 2011

Nella festa di San Matteo - Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote

Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi» (Mt 9, 9). Vide non tanto con lo sguardo degli occhi del corpo, quanto con quello della bontà interiore. Vide un pubblicano e, siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: «Seguimi». Gli disse «Seguimi», cioè imitami. Seguimi, disse, non tanto col movimento dei piedi, quanto con la pratica della vita. Infatti «chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato» (1 Gv 2, 6).

«Ed egli si alzò, prosegue, e lo seguì» (Mt 9, 9). Non c'è da meravigliarsi che un pubblicano alla prima parola del Signore, che lo invitava, abbia abbandonato i guadagni della terra che gli stavano a cuore e, lasciate le ricchezze, abbia accettato di seguire colui che vedeva non avere ricchezza alcuna. Infatti lo stesso Signore che lo chiamò esternamente con la parola, lo istruì all'interno con un'invisibile spinta a seguirlo. Infuse nella sua mente la luce della grazia spirituale con cui potesse comprendere come colui che sulla terra lo strappava alle cose temporali era capace di dargli in cielo tesori incorruttibili.

«Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli» (Mt 9, 10). Ecco dunque che la conversione di un solo pubblicano servì di stimolo a quella di molti pubblicani e peccatori, e la remissione dei suoi peccati fu modello a quella di tutti costoro. Fu un autentico e magnifico segno premonitore di realtà future. Colui che sarebbe stato apostolo e maestro della fede attirò a sé una folla di peccatori già fin dal primo momento della sua conversione. Egli cominciò, subito all'inizio, appena apprese le prime nozioni della fede, quella evangelizzazione che avrebbe portato avanti di pari passo col progredire della sua santità. Se desideriamo penetrare più a fondo nel significato di ciò che è accaduto, capiremo che egli non si limitò a offrire al Signore un banchetto per il suo corpo nella propria abitazione materiale ma, con la fede e l'amore, gli preparò un convito molto più gradito nell'intimo del suo cuore. Lo afferma colui che dice: «Ecco, sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20).

Gli apriamo la porta per accoglierlo, quando, udita la sua voce, diamo volentieri il nostro assenso ai suoi segreti o palesi inviti e ci applichiamo con impegno nel compito da lui affidatoci. Entra quindi per cenare con noi e noi con lui, perché con la grazia del suo amore viene ad abitare nei cuori degli eletti, per ristorarli con la luce della sua presenza. Essi così sono in grado di avanzare sempre più nei desideri del cielo. A sua volta, riceve anche lui ristoro mediante il loro amore per le cose celesti, come se gli offrissero vivande gustosissime.

jueves, 8 de septiembre de 2011

Nella Nativitá della Vergine Maria - Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo

Le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove

«Il termine della legge è Cristo» (Rm 10, 4). Si degni egli di innalzarci verso lo spirito ancora più di quanto ci libera dalla lettera della legge. In lui si trova tutta la perfezione della legge perché lo stesso legislatore, dopo aver portato a termine ogni cosa, trasformò la lettera in spirito, ricapitolando tutto in se stesso. La legge fu vivificata dalla grazia e fu posta al suo servizio in una composizione armonica e feconda. Ognuna delle due conservò le sue caratteristiche senza alterazioni e confusioni. Tuttavia la legge, che prima costituiva un onere gravoso e una tirannia, diventò, per opera di Dio, peso leggero e fonte di libertà.

In questo modo non siamo più «schiavi degli elementi del mondo» (Gal 4, 3), come dice l'Apostolo, né siamo più oppressi dal giogo della legge, né prigionieri della sua lettera morta. Il mistero del Dio che diventa uomo, la divinizzazione dell'uomo assunto dal Verbo, rappresentano la somma dei beni che Cristo ci ha donati, la rivelazione del piano divino e la sconfitta di ogni presuntuosa autosufficienza umana. La venuta di Dio fra gli uomini, come luce splendente e realtà divina chiara e visibile, è il dono grande e meraviglioso della salvezza che ci venne elargito.

La celebrazione odierna onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è l'incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio.

La beata Vergine Maria ci fa godere di un duplice beneficio: ci innalza alla conoscenza della verità, e ci libera dal dominio della lettera, esonerandoci dal suo servizio. In che modo e a quale condizione? L'ombra della notte si ritira all'appressarsi della luce del giorno, e la grazia ci reca la libertà in luogo della schiavitù della legge. La presente festa è come una pietra di confine fra il Nuovo e l'Antico Testamento. Mostra come ai simboli e alle figure succeda la verità, e come alla prima alleanza succeda la nuova. Tutta la creazione dunque canti di gioia, esulti e partecipi alla letizia di questo giorno. Angeli e uomini si uniscano insieme per prender parte all'odierna liturgia. Insieme la festeggino coloro che vivono sulla terra e quelli che si trovano nei cieli. Questo infatti è il giorno in cui il Creatore dell'universo ha costruito il suo tempio, oggi il giorno in cui, per un progetto stupendo, la creatura diventa la dimora prescelta del Creatore.

domingo, 4 de septiembre de 2011

Per lodare la Parola - Cristo speranza delle genti



Cristo Gesù speranza delle genti,
Cristo Gesù salvezza di ogni debole,
Cristo Gesù ricchezza di ogni povero,
sei la mia eredità.

Luce del mondo sei,
sole senza tramonto,
il tuo splendore rischiara la notte
e guida i passi miei.

Re di speranza e di pace,
gioia del mondo sei.
La tua giustizia e la tua misericordia
splendono su di me.

(Cristo Gesù speranza delle genti,
Cristo Gesù speranza delle genti.)
Cristo Gesù speranza delle genti,
Cristo Gesù salvezza di ogni debole,
Cristo Gesù ricchezza di ogni povero,
sei la mia eredità.

Quando verrai nella gloria
del regno del Padre tuo
Giudicherai con sapienza e indulgenza
e i miti accoglierai.

Cristo Gesù speranza delle genti,
Cristo Gesù salvezza di ogni debole,
Cristo Gesù ricchezza di ogni povero,
sei la mia eredità.
Sei la mia eredità.
Sei la mia eredità.

G. M. Attinà

sábado, 13 de agosto de 2011

Tutti insieme nella Croce della Giuventú alla GMG.

È conosciuta come la "Croce dell´Anno Santo", la "Croce del Giubileo", la "Croce della GMG", la "Croce pellegrina"; molti la chiamano la "Croce dei giovani", perché è stata consegnata ai giovani perché la portassero per tutto il mondo, in ogni luogo ed in ogni tempo.

Questa è la sua storia:

Era il 1984, Anno Santo della Redenzione, quando Papa Giovanni Paolo II decise che bisognava porre una croce - come simbolo di fede - vicino all´altare maggiore della Basilica di San Pietro, dove tutti potessero vederla. Così venne posta una croce di legno, alta 3,8 metri, esattamente come egli la desiderava.

Al termine dell´Anno Santo, dopo aver chiuso la Santa Porta, il Papa consegnò quella stessa croce alla gioventù del mondo, rappresentata dai giovani del Centro Internazionale Giovanile San Lorenzo, a Roma. Queste furono le sue parole in tale occasione: "Cari giovani, alla chiusura dell´Anno Santo vi affido il segno di quest´Anno Giubilare: la Croce di Cristo! Portatela per il mondo come segno dell´amore del Signore Gesù nei confronti dell´umanità e annunciate a tutti che la salvezza e la redenzione esistono solo in Cristo morto e resuscitato" (Roma, 22 Aprile 1984).

I giovani accolsero il desiderio del Santo Padre. Portarono la croce al Centro San Lorenzo, che si è convertito nella sua abituale dimora durante i periodi in cui non è in pellegrinaggio per il mondo.

Nel 2003, alla fine della Messa delle Palme, Giovanni Paolo II volle regalare ai giovani una copia dell´icona di Maria Salus Populi Romani: "Alla delegazione che è venuta in Germania oggi lascio anche l´icona di Maria. D´ora in avanti, insieme alla Croce, quest´icona accompagnerà le Giornate Mondiali della Gioventù. Sarà il segno della presenza materna di Maria vicina ai giovani, chiamati, come l´apostolo san Giovanni, ad accoglierla nelle loro vite." (Angelus, XVIII Giornata Mondiale della Gioventù, 13 Aprile 2003). La versione originale dell´icona è custodita nella Basilica di Santa Maria la Maggiore a Roma.

Sono molte le testimonianze di persone che sono state profondamente toccate dall´incontro con la Croce: negli ultimi anni, queste testimonianze sono state ancor più numerose, o forse hanno ottenuto una maggiore diffusione grazie ad internet. Esse si possono trovare nel Centro Internazionale Giovanile San Lorenzo, dimora abituale della Croce, ma anche nelle riviste e nelle pubblicazioni dedicate alla GMG. Alcuni si domandano come due pezzi di legno possano avere un tal effetto nella vita di una persona; comunque, ovunque vada la Croce, la gente chiede che possa ritornare. In questa Croce si vede la presenza dell´amore di Dio. Attraverso questa Croce, molti giovani riescono a comprendere meglio la Resurrezione e alcuni trovano il coraggio per prendere decisioni riguardo le proprie vite.

sábado, 6 de agosto de 2011

Per pregare meglio - IMITAZIONE DI CRISTO, CLAUDE DE LA COLOMBIERE

O Signore,
purché la mia volontà
si conservi sempre retta
e fermamente unita a te,
fa’ di me come meglio ti piace,
poiché ciò che fai per me
non può essere che ottimo.
Se tu vuoi che io viva nelle tenebre,
sii benedetto;
se mi vuoi nella luce,
sii benedetto;
se vuoi invece che io soffra,
sii ugualmente benedetto in eterno...
Signore Gesù Cristo,
insegnami a dimenticarmi
dal momento che è l’unica via
per entrare nel tuo cuore.
Tu hai creato in me il desiderio
di amarti senza pensare a me stesso:
insegnami ora a fare questo.
Mi piacerebbe molto farlo
ma non posso se tu non mi illumini e assisti.
So bene che ti resisto
ma mi piacerebbe essere altrimenti;
dipende da te fare ogni cosa.
Signore,
se otterrò il cielo
sarà per opera tua,
e un grande onore per te.
Questa è l’unica ragione per me
per volerci arrivare.
Amen.

lunes, 1 de agosto de 2011

Tempo Ordinario, XVII Domenica - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
essere mamma è una delle missioni più importanti e difficili. Grazie a Dio quasi tutte compiono il suo compito in maniera straordinaria. Tuttavia devo dire che ci esiste una differenza tra essere una brava mamma ed essere una mamma troppo brava. La brava mamma educa i figli facendogli imparare ad essere responsabili , mentre le mamme troppo brave fanno tutto loro (anche il letto dei figli) producendo purtroppo individui inutili.

Dio è un padre perfetto, anzi una mamma perfetta. Lui è bravo, bravissimo, ma mai troppo bravo. Il Vangelo della domenica ci insegna come sempre ci fa parte della sua opera, che non fa tutto da solo. Quando gli apostoli chiedono a Gesù d’inviare tutta la gente a casa, Lui chiede loro di fargli mangiare. Loro potevano fare qualcosa e tuttavia volevano far lavorare solo a Gesù. Erano convinti che era Lui chi doveva mandare via alla gente, affamata.

Il Maestro capisce subito ed approfitta l’opportunità per educare i suoi discepoli. Loro dovevano prendere anche parte della responsabilità e così lo fanno. Presentano al Signore cinque pane e due pesci, tutto ciò che avevano, la loro parte. Dopo con quella collaborazione Gesù fa il grande miracolo e moltiplica il cibo che basta e avanza per tutti.

Così è che Gesù ci educa. Lui ha fiducia in noi e come prova ci fa parte della sua opera salvatrice. Ogni uno di noi ha un compito da fare, una missione propria e originale. Possiamo vederlo sempre nella Bibbia, per la sua opera Dio sceglie uomini e donne che diventano i suoi strumenti. Oggi ci chiama a renderci conto di questo fatto, e ad assumere il nostro ruolo nella Chiesa e nel mondo.

Nella nostra Chiesa mancano tanti fratelli e tanti che ci stanno ancora non prendono parte attiva nella vita della comunità. Questo impoverisce delle parrocchie, rallenta la marcia della opera di Dio. Chi ama Gesù si mette a servirlo, come e dove vuole Lui. Apriamo il nostro cuore alla sua chiamata e il suo Regno sarà subito con noi.
Fino al Cielo.

P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

jueves, 21 de julio de 2011

Tempo Ordinario, XVI Domenica - Fare vita il Vangelo.

Carissimi fratelli,
il Signore continua a presentarsi come un contadino, è Lui chi vuole farsi vedere come uno che aspetta dei frutti. Questa volta però c'è qualche problema con il seme, quando benché Lui ha dato del buon seme, il nemico ha messo anche il seme della zizzania. Alla fine crescono insieme il frumento e l'erba cattiva. La cosa strana è che quando i suoi operai vogliono andare a togliere la zizzania il Signore chiede di lasciarli stare insieme fino alla raccolta.

Non è così che si fa di solito. Normalmente l'erba cattiva si toglie subito perché fa concorrenza con il frumento. Quindi il Signore ci vuole dare qualche segno in questo fatto. Siccome il giorno della raccolta è il Giudizio Finale, dobbiamo capire che questa è una manifestazione della misericordia di Dio. Lui conserva sempre la speranza ed è convinto che la zizzania (i figli del maligno) possono convertirsi. Il Padre ritiene importante dare del tempo a tutti perché possiamo lasciare la nostra vita d'erba cattiva per diventare frumento.

Ci lascia anche la idea della misericordia del Signore che non condanna nessuno, perchè mentre ci sia vita, ci sarà la speranza. Così che nessuno di noi deve mai giudicare mai i nostri fratelli, perchè tutti siamo in capacità di trasformarci, sempre riconoscendo che sarà opera della grazia di Dio.

Dobbiamo anche riconoscere che nessuno è 100% frumento, sempre abbiamo qualche percentuale di zizzania da pulire, da purificare. Gesù ci chiama alla conversione personale, alla misericordia verso il prossimo e soprattuto a non perdere la speranza della salvezza. Tutti possiamo diventare frumento, tutti siamo chiamati alla santità, tutti siamo figli di Dio.
Fino al Cielo.

P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

domingo, 17 de julio de 2011

Per lodare e adorare - Arderanno sempre i nostri cuori, Buttazzo Beltrami



Quando scende su di noi la sera e scopri che
nel cuore resta nostalgia
di un giorno che non avrà tramonto
ed avrà il colore della sua pace,

Quando scende su di noi il buio e senti che
nel cuore manca l'allegria del
tempo che non avrà mai fine
ed allora cercherai parole nuove;

e all'improvviso la strada sillumina;
e scopri che noti sei più solo;
sarà il Signore risorto a tracciare il cammino
e a ridare la vita

Arderanno sempre i nostri cuori
se la tua parola in noi dimorerà
spezza Tu, Signore, questo pane
porteremo al mondo la tua verità,

Quando all'alba sentirai la sua voce capirai che
non potrà fermarsi mai l'annuncio
che non avrà confini, che
riporterà nel mondo la speranza.

Gesù è il Signore risorto che vive nel tempo
è presente tra gli uomini,
è Lui la vita del mondo,
il pane che nutre la Chiesa in cammino

lunes, 11 de julio de 2011

Tempo Ordinario, XV Domenica - Fare vita il Vangelo.

Carissimi fratelli,

Chi semina sempre spera raccogliere, e mentre più grande sia la raccolta meglio. Nella parabola d'oggi il Signore ci spiega che è Dio il seminatore e il seme è la sua Parola, quindi la terra siamo noi. Non possiamo pensare di essere altri tipi di terra ma soltanto la buona, però anche quella buona ha prodotto frutto in diverse quantità: il trenta, il sessanta e il cento per uno.

Il vero problema è accontentarci con ciò che abbiamo prodotto. Non possiamo mai pensare che è abbastanza con ciò che amiamo Dio. Lui ogni giorno ci da prove abbondanti del suo amore e noi non possiamo fermarci soltanto a ricevere, senza amarlo in controcambio. Sicuramente mi direte che lo già lo amate ed sono convinto che è così, però sempre possiamo amarlo di più.

I santi sono stati quelli che non si sono accontentato mai, hanno cercato sempre di crescere nel amore, di migliorare sempre, di servire con una maggiore generosità, etc. Chi ama sa perfettamente che l'amore non conosce limite, non si ferma a calcolare, non misura ma si dona totalmente.

Oggi Gesù ci chiama a rendere dei frutti abbondanti. Sarà il nostro cuore e la sua grazia a muoverci, a non fermarci mai in questa strada verso la santità, verso l'amore perfetto. Sempre cercando di accontentare il nostro Seminatore.
Fino al Cielo.

P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

lunes, 4 de julio de 2011

Tempo Ordinario, XIV Domenica - Fare vita il Vangelo.

Carissimi fratelli,

dopo quasi un mese di ferie ricomincio la nostra condivisione del Vangelo. Domenica scorsa abbiamo letto un pezzo molto sentito della Parola: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”. Una frase che molti hanno imparato a memoria perché conforta tanto nei momenti difficili. La mancanza capita quando ci fermiamo li e dimentichiamo ciò che viene dopo: Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita”. Quindi non c’è ristoro senza prendere il giogo.

Il nostro Gesù è un maestro di vita e non potrebbe mai farci diventare inutili. Lui ci da la forza, ci ha dato la intelligenza e tutte le capacità per servire, per costruire il mondo. Non possiamo pretendere che sia Lui a farlo tutto quando ha messo nelle nostre mani tanti doni che dobbiamo amministrare.

Ciò che ci stanca e opprime non è il lavoro o la vita, ma il peccato e l’allontanamento da Dio. Quando il nostro spirito non riceve l’aiuto dal Signore, non ha più la forza per andare avanti, quindi si stanca, si esaurisce. Gesù ci ha lasciato i sacramenti, soprattutto la Eucarestia, per nutrirci e darci la forza, il ristoro.

Oggi dobbiamo prendere il giogo dolce di Cristo, quello che ci farà trovare conforto, non perché non pesa ma perché il suo peso è leggero. Gesù non porterà il giogo per noi, ma lo farà con noi. Mai ci lascerà da soli. Essere i suoi discepoli significa lottare ogni giorno contro la nostra carne, per far vincere lo spirito, come lo afferma San Paolo nella seconda lettura.

Una vita lontana da Dio sarà sempre noiosa e vuota, e ci stancherà prima o poi. Soltanto Gesù ci rende felici e servirlo da senso alla nostra esistenza. Prendiamo il suo giogo dolce e riceviamo il suo aiuto attraverso la Messa e la preghiera quotidiane e saremo sempre confortati e gioiosi.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

miércoles, 8 de junio de 2011

Per lodare la Parola - Gloria a Dio nell'alto dei Cieli, Francesco Buttazzo



Gloria a Dio nell’alto dei cieli,
e pace in terra agli uomini di buona volontà.
Gloria a Dio nell’alto dei cieli,
e pace in terra agli uomini di buona volontà.

Noi ti lodiamo e ti benediciamo,
noi ti adoriamo e ti glorifichiamo,
ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa,
Signore Dio, Re del Cielo, Dio padre onnipotente.

Gloria a Dio nell’alto dei cieli,
e pace in terra agli uomini di buona volontà.

Signore, Figlio Unigenito,
Gesù Cristo, Signore Dio,
Agnello di Dio, Figlio del Padre,
tu che togli i peccati del mondo,
abbi pietà di noi.

Gloria a Dio nell’alto dei cieli,
e pace in terra agli uomini di buona volontà.

Tu che togli i peccati del mondo,
accogli la nostra supplica;
tu che siedi alla destra del Padre,
abbi pietà di noi.

Gloria a Dio nell’alto dei cieli,
e pace in terra agli uomini di buona volontà.

Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore,
tu solo l’Altissimo, Cristo Gesù,
con lo Spirito Santo:
nella Gloria di Dio Padre.

Gloria a Dio nell’alto dei cieli,
e pace in terra agli uomini di buona volontà.

viernes, 27 de mayo de 2011

Incarnare la Parola - Dalla «Lettera a Diogneto»

I CRISTIANI NEL MONDO

I cristiani non si differenziano dal resto degli uomini né per territorio, né per lingua, né per consuetudini di vita. Infatti non abitano città particolari, né usano di un qualche strano linguaggio, né conducono uno speciale genere di vita. La loro dottrina non è stata inventata per riflessione e indagine di uomini amanti delle novità, né essi si appoggiano, come taluni, sopra un sistema filosofico umano.

Abitano in città sia greche che barbare, come capita, e pur seguendo nel vestito, nel vitto e nel resto della vita le usanze del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, per ammissione di tutti, incredibile. Abitano ciascuno la loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutte le attività di buoni cittadini e accettano tutti gli oneri come ospiti di passaggio. Ogni terra straniera è patria per loro, mentre ogni patria è per essi terra straniera. Come tutti gli altri si sposano e hanno figli, ma non espongono i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il talamo.

Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Trascorrono la loro vita sulla terra, ma la loro cittadinanza è quella del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma, con il loro modo di vivere, sono superiori alle leggi.

Amano tutti e da tutti sono perseguitati. Sono sconosciuti eppure condannati. Sono mandati a morte, ma con questo ricevono la vita. Sono poveri, ma arricchiscono molti. Mancano di ogni cosa, ma trovano tutto in sovrabbondanza. Sono disprezzati, ma nel disprezzo trovano la loro gloria. Sono colpiti nella fama e intanto si rende testimonianza alla loro giustizia.

Sono ingiuriati e benedicono, sono trattati ignominiosamente e ricambiano con l'onore. Pur facendo il bene, sono puniti come malfattori; e quando sono puniti si rallegrano, quasi si desse loro la vita. I giudei fanno loro guerra, come a gente straniera, e i pagani li perseguitano. Ma quanti li odiano non sanno dire il motivo della loro inimicizia.

In una parola i cristiani sono nel mondo quello che è l'anima nel corpo. L'anima si trova in tutte le membra del corpo e anche i cristiani sono sparsi nelle città del mondo. L'anima abita nel corpo, ma non proviene dal corpo. Anche i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile, anche i cristiani si vedono abitare nel mondo, ma il loro vero culto a Dio rimane invisibile.

La carne, pur non avendo ricevuto ingiustizia alcuna, si accanisce con odio e muove guerra all'anima, perché questa le impedisce di godere dei piaceri sensuali; così anche il mondo odia i cristiani pur non avendo ricevuto ingiuria alcuna, solo perché questi si oppongono al male.

Sebbene ne sia odiata, l'anima ama la carne e le sue membra, così anche i cristiani amano coloro che li odiano. L'anima è rinchiusa nel corpo, ma essa a sua volta sorregge il corpo. Anche i cristiani sono trattenuti nel mondo come in una prigione, ma sono essi che sorreggono il mondo. L'anima immortale abita in una tenda mortale, così anche i cristiani sono come dei pellegrini in viaggio tra cose corruttibili, ma aspettano l'incorruttibilità celeste.

L'anima, maltrattata nei cibi e nelle bevande, diventa migliore. Così anche i cristiani, esposti ai supplizi, crescono di numero ogni giorno. Dio li ha messi in un posto così nobile, che non è loro lecito abbandonare.

miércoles, 25 de mayo de 2011

Pasqua, V Domenica - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,

Domenica scorsa il Signore ci fa riflettere nel collegamento che esiste tra il “essere” e il “agire”. Alcune persone vedono la Chiesa come una istituzione d’aiuto sociale dove l’unico e principale compito è provvedere ai bisogni dei poveri. Sappiamo che non è così peró facciamo il percorso che la Parola ci propone.

Già nella prima lettura vediamo come la Chiesa primitiva deve risolvere un problema nello che riguarda alla carità verso Dio e verso il prossimo. Alcune vedove e orfani erano stati trascurati e gli Apostoli non potendo trascurare la preghiera e la predicazione decidono di ordinare i primi diaconi. Allora prima conclusione che possiamo fare è che le priorità erano giustamente quelle che si centravano nella cura spirituale della comunità cristiana.

Dopo troviamo un’altra pista. I candidati dovevano essere uomini pieni dello Spirito Santo. Non dovevano essere i più bravi per far mangiare o per dare conforto, perché chi e pieno di Dio lo saprà fare molto bene. Quindi ciò che importa non è tanto l’agire ma ciò che si è, l’essere.

Nel Vangelo Gesù afferma che Lui è venuto perché noi facciamo le opere che Lui ha fatto e anche più grandi. Però prima aveva proclamato che Lui è “La via, la verità e la vita”. Quindi se qualcuno vuole fare le opere per Lui compiute deve essere come Lui.

Noi cristiani non possiamo cadere nella moda del fare per fare, nella vita superficiale. La vita spirituale comanda le nostre opere, a maggior comunione con Dio maggior capacità d’amare. La carità non è qualcosa fai da te o fai come ti pare. La vera carità nasce del cuore che fa propria la volontà di Dio. Per Gesù il suo cibo era fare la volontà del Padre.

Allora dobbiamo cercare di trasformare la nostra volontà nella Sua, soltanto così il nostro agire sarà secondo il Suo piano.Siamo quasi nel mese di Giugno, mese del Sacro Cuore di Gesù. Vi invito a ripetere spesso questa antica e bella preghierina: “Gesù mite e umile di cuore, fa il mio cuore come il tuo.”
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

jueves, 19 de mayo de 2011

Incarnare la Parola - Dai «Trattati su Giovanni» di sant'Agostino, vescovo

Il comandamento nuovo

Il Signore Gesù afferma che dà un nuovo comandamento ai suoi discepoli, cioè che si amino reciprocamente: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 13, 34).

Ma questo comandamento non esisteva già nell'antica legge del Signore, che prescrive: «Amerai il tuo prossimo come te stesso»? (Lv 19, 18). Perché allora il Signore dice nuovo un comandamento che sembra essere tanto antico? È forse un comandamento nuovo perché ci spoglia dell'uomo vecchio per rivestirci del nuovo? Certo. Rende nuovo chi gli dà ascolto o meglio chi gli si mostra obbediente. Ma l'amore che rigenera non è quello puramente umano. È quello che il Signore contraddistingue e qualifica con le parole: «Come io vi ho amati» (Gv 13, 34).

Questo è l'amore che ci rinnova, perché diventiamo uomini nuovi, eredi della nuova alleanza, cantori di un nuovo cantico. Quest'amore, fratelli carissimi, ha rinnovato gli antichi giusti, i patriarchi e i profeti, come in seguito ha rinnovato gli apostoli. Quest'amore ora rinnova anche tutti i popoli, e di tutto il genere umano, sparso sulla terra, forma un popolo nuovo, corpo della nuova Sposa dell'unigenito Figlio di Dio, della quale si parla nel Cantico dei cantici: Chi è colei che si alza splendente di candore? (cfr. Ct 8, 5). Certo splendente di candore perché è rinnovata. Da chi se non dal nuovo comandamento?

Per questo i membri sono solleciti a vicenda; e se un membro soffre, con lui tutti soffrono, e se uno è onorato, tutti gioiscono con lui (cfr. 1 Cor 12, 25-26). Ascoltano e mettono in pratica quanto insegna il Signore: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 13, 34), ma non come si amano coloro che seducono, né come si amano gli uomini per il solo fatto che sono uomini. Ma come si amano coloro che sono dèi e figli dell'Altissimo, per essere fratelli dell'unico Figlio suo. Amandosi a vicenda di quell'amore con il quale egli stesso ha amato gli uomini, suoi fratelli, per poterli guidare là dove il desiderio sarà saziato di beni (cfr. Sal 102, 5).

Il desiderio sarà pienamente appagato, quando Dio sarà tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15, 28).

Questo è l'amore che ci dona colui che ha raccomandato: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13, 34). A questo fine quindi ci ha amati, perché anche noi ci amiamo a vicenda. Ci amava e perciò ha voluto ci trovassimo legati di reciproco amore, perché fossimo il Corpo del supremo Capo e membra strette da un così dolce vincolo.

lunes, 16 de mayo de 2011

Domenica del Buon Pastore - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,

un mese fa mentre facevo il giro tra la parrocchia di Picinisco e una delle sue chiesette, ho trovato un anziano pastore con il suo gregge. Stava facendole attraversare un ponte molto stretto, dove soltanto potevano passare una a una. Ero meravigliato di vedere come al suo comando ogni pecora si avvicinava a attraversava, senza fretta tutte e in ordine. 

Celebrare la domenica del Buon Pastore ci ricorda che siamo noi le pecore di questo Pastore. Non è possibile pensare in un pastore senza gregge, come è impossibile pensare nelle pecore senza un pastore. Sono elementi che vanno sempre insieme perché dipendono l’uno del’altro.

Quando preghiamo il salmo 22 diciamo “Il Signore è il mio Pastore, non manco di nulla”. Credo che questo è uno dei salmi più conosciuto. Ci da questa certezza, questa fiducia di che Gesù non ci farà mancare niente, che sta sempre attento alle nostre necessità. Però tante volte ci fermiamo soltanto nelle necessità di questa vita, quelle materiali e dimentichiamo la realtà spirituale dei pascoli che Cristo ci offre.

E’ Lui ad affermarlo quando dice “Io sono la porta: chi entra attraverso me sará salvo”. Quando deve spiegare ai suoi apostoli la dimensione specifica della sua missione di pastore sottolinea la sua volontà di salvare il gregge. Il nostro Buon Pastore ha sacrificato la sua vita per noi, per tutto il gregge, non per darci una vita abbondante qui ma nel Regno dei Cieli. Chi rimane solo nella idea del Bel Pastore che non ci farà mancare la salute o il lavoro, il benessere o una vita lunga, si sbaglia perché ha tolto la essenza della missione del Messia.

Il Buon Pastore spera la nostra comprensione e la nostra obbedienza . Solo le pecore docili riusciranno ad entrare per la porta giusta, così come solo quelle pecore obbedienti attraversavano quel ponte stretto a Picinisco. Oggi il Signore ci chiama ad essere docili alla sua volontà, a lasciarci guidare da Lui. Potremmo farlo soltanto se abbiamo messo in Lui tutta la nostra fiducia e soprattutto il nostro amore.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

domingo, 15 de mayo de 2011

Senza la croce non ci sarebbe stata la Risurrezione - Per lodare la Parola



NOSTRA GLORIA È LA CROCE DI CRISTO,
IN LEI LA VITTORIA;
IL SIGNORE È LA NOSTRA SALVEZZA,
LA VITA, LA RISURREZIONE.

Non c'è amore più grande
di chi dona la sua vita.
O Croce tu doni la vita
e splendi di gloria immortale.

O Albero della vita
che ti innalzi come un vessillo,
tu guidaci verso la meta,
o segno potente di grazia.

Tu insegni ogni sapienza
e confondi ogni stoltezza;
in te contempliamo l'amore,
da te riceviamo la vita.

viernes, 6 de mayo de 2011

Oggi nel Vangelo - La risposta giusta.

Davanti alla domanda di Gesù “Dove potremo comprare il pane necessario per sfamare questa gente?” (Giovanni 6,5) Filippo e Andrea reagiscono in diverse maniere. Ciascuno era cosciente della moltitudine che si doveva sfamare e quindi che non era un compito facile da compiere. Tuttavia le sue risposte così diverse ci possono aiutare a capire bene quale dovrebbe essere il nostro atteggiamento davanti al Signore.

Filippo risponde: Duecento monete d’argento non basterebbero neppure per dare un pezzo di pane a tutti.” Una risposta piuttosto chiusa, senza alcuna speranza di soluzione. Filippo croccia le braccia perché secondo lui non c’è niente da fare. Non lascia attuare Dio e non offre neanche nessuna collaborazione. 

Invece Andrea risponde: “C’è qui un ragazzo che ha cinque pagnotte d’orzo e due pesci arrostiti. Ma non è nulla per tanta gente!” Lui è cosciente di che ciò che offre è troppo poco, ma l’offre tutto. Nella sua risposta possiamo intravedere la speranza di qualcosa, che magari non sa come però sa che il Signore farà possibile ciò che per l’uomo non è possibile. Andrea è aperto, è disponibile, risponde correttamente alla chiamata di Gesù.

Noi dobbiamo scegliere come sarà la nostra risposta al Signore. Davanti a tutte le difficoltà possiamo chiuderci alla speranza e al potere della grazia di Dio. Possiamo anche aprire il nostro cuore e lasciare che sia il Signore ad attuare, a fare di noi i suoi strumenti. O come Filippo, che avrebbe lasciato a tutti affamati o come Andrea che è stato il collaboratore per quel grande miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Non dobbiamo fermarci nelle nostre debolezze e mancanze, che sicuramente ne sono tante, ma dobbiamo guardare alla grazia di Dio. Il vero problema non sono le nostre difficoltà ma la nostra mancanza di fede. Il problema è non contare su di Lui, che è onnipotente e ci ama troppo.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

miércoles, 4 de mayo de 2011

Giovanni Paolo II: Gigante Beato

Siamo stati un milione e mezzo di pellegrini ad accompagnare la beatificazione del Papa Giovanni Paolo II. Un mare magnum di cattolici venuti di tutte le parte del mondo, portando la stessa gioia nel cuore. Dalle 20:00 del sabato 30 aprile alle 13:00 della domenica 1 maggio un solo obiettivo: partecipare del evento più significativo del anno.

Ci raduniamo per cominciare questo percorso nel Circo Massimo, dove abbiamo potuto celebrare la veglia di preghiera . La tecnologia digitale ci ha collegati allo stesso tempo con tanti altri fratelli che erano stati convocati in diversi santuari del mondo. L’ambiente di preghiera e il ascoltare la voce del Servo di Dio ci preparava per ciò che aspettavamo per la domenica.

A poco a poco una processione informale, che somigliava un fiume umano, fu portando i pellegrini a San Pietro. Verso la mezzanotte era praticamente impossibile camminare nelle strade vicine a Via della Conciliazione. Migliaia di persone sdraiate prima solo nei marciapiedi, ma dopo anche lungo le strade facevano difficile anche il transito pedonale. Eravamo così stanchi però continuavamo a cantare. Si potevano ascoltare molte lingue, ma soprattutto il polacco.

Al’una e mezza ci aprirono l’accesso alla Via della Conciliazione e mezzora dopo eravamo tutti, spalle a spalle, aspettando l’apertura della Piazza. Furono sette ore d’attesa in piedi e sicuro senza dormire. Quasi alle nove non c’era dove mettere il piedi nella piazza.

Al iniziare la messa abbiamo vissuto il momento più speciale, per quello che siamo venuti. Le parole del Papa Benedetto al dichiarare beato al nostro Karol ancora risuonano oggi. Un applauso lungo fu il compagno della processione che portava le sue reliquie. Credo che quello fu un momento che insieme agli applausi strappo tantissime lacrime ai presenti. Anche il Papa si vedeva commosso dal tributo che si rendeva al suo predecessore.

Un “gigante che ci ha insegnato a non avere paura” ha ricordato Benedetto XVI. Un’altra volta Papa Wojtyla è riuscito a farci aprire le porte, ad spalancare i nostri cuori per ringraziarlo per la sua testimonianza. Il gigante ci ha insegnato ad essere umili, ad essere strumenti di Dio. Un milione e mezzo in piazza San Pietro e molti milioni nel mondo hanno condiviso l’unica gioia cristiana: Gesù guida la sua Chiesa.
Fino al Cielo.
P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti