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viernes, 4 de mayo de 2012

Per lodare la Parola - Mi affido a Te



Come la cerva anela ai corsi d'acqua
così il mio cuore cerca te.
L'anima mia ha sete del Dio vivente,
il Dio della speranza.
Vieni, e manda la tua luce sui miei passi
Vieni e guida il mio cammino.

Mi affido a te Gesù, alla tua fedeltà
tu sei il sole che rischiara le mie tenebre,
mi affido a te Gesù e in te riposerò
perché so che la mia vita tu rinnoverai.

Oggi io vengo davanti al tuo altare
per adorare te Signor.
Nelle tue mani depongo tutti gli affanni
ed ogni mio dolore.
Vieni e manda la tua luce sui miei passi
vieni e guida il mio cammino.

domingo, 15 de abril de 2012

II di Pasqua, Domenica della Misericordia - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
vi chiedo scuse per non avere scritto nelle ultime settimane, ma sicuramente avete capito che ero molto impegnato con le celebrazioni della Settimana Santa. Vi ringrazio per la comprensione.

Oggi celebriamo la domenica della misericordia. Nel Vangelo contempliamo il momento nel quale il Signore dona agli Apostoli la facoltà di perdonare i peccati nel suo nome. Questo è un evento storico perché il perdono raggiunto sulla Croce, arriva a noi attraverso i ministri di Gesù, attraverso il Sacramento della Confessione.

Tuttavia esiste un problema molto grande nella società odierna, cioè la mancanza del dolore per i peccati commessi. Perciò, la nostra riflessione deve iniziare con la confessione di Tommaso che dice “Signore mio e Dio mio”. Tutto comincia dalla fede, con la quale riconosciamo Gesù come Dio, come il nostro Signore e Salvatore. Nella seconda lettura, San Giovanni ci parla del collegamento tra fede e amore. Chi accetta Gesù come Figlio di Dio, lo ama e lo obbedisce i suoi comandamenti. 

Quando amiamo qualcuno e ci capita di litigare, cerchiamo subito di fare pace. Non siamo tranquilli sapendo che abbiamo offeso alla persona che amiamo, non possiamo trovare calma sapendo che tra noi l’amicizia è rotta. Lo stesso dovrebbe essere con Dio, quando pecchiamo ci allontaniamo da Lui, non siamo più i suoi amici. Chi lo ama sinceramente si sente male, colpevole di averlo offeso e vuole subito fare pace, riconciliarsi. Dio misericordioso ci accoglie, donandoci il suo perdono nel sacramento della Riconciliazione.

Credere, amare e perdonare vanno sempre insieme. Chi ha fede avrà anche amore e cercherà di essere sempre fedele. Però anche con quel impegno, molte volte possiamo mancare alla fedeltà che ci abbiamo proposto e allora ricorriamo alla misericordia del Signore.

Oggi vi invito a esaminare come stiamo trattando Gesù, il nostro miglior amico. La priorità di ogni cristiano è coltivare un rapporto profondo e forte con il Salvatore. Non lo dobbiamo trattare come gli amici interessati, che ricorrono a te soltanto quando hanno qualche bisogno. Noi dobbiamo accompagnarlo, consolarlo, essere la sua gioia. Così possiamo corrispondere al amore infinito che lo portò sulla Croce.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

martes, 20 de marzo de 2012

Domenica IV del Tempo di Quaresima - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
Poco tempo fa sono state fate pubbliche alcune cifre che mettono paura. Ogni anno vengono assassinati oltre 105.000 cristiani per odio alla fede. Vuol dire un fratello ogni 5 minuti muore perché la sua vita era una testimonianza di Cristo. Come vedete la Luce continua ad essere perseguitata.

Il Vangelo ci ricorda che Gesù venne al mondo a dare la sua vita per la salvezza di tutta l’umanità. Quindi siamo noi cristiani i chiamati ad imitare il Crocifisso, offrendo anche noi la nostra vita, sacrificandoci per fare che quella salvezza arrivi a tutti.

Certo che non a tutti ci toccherà morire per la fede, tuttavia il Signore ci offrirà tutti i giorni delle opportunità per testimoniare la Parola. Perché non possiamo essere figli della Luce e agire come i figli delle tenebre. Essere testimoni di Gesù ci esige coerenza con il suo Vangelo, vivere in comunione con Lui, amare come Lui ci ama.

Se lo facciamo così, sicuramente non ci mancheranno persecuzioni, incomprensioni e opportunità per sacrificarci. La nostra religione è la più perseguitata al mondo attualmente. Sono tantissimi i martiri che ogni giorno muoiono dando testimonianza attraverso il loro sangue. E noi non possiamo essere indifferenti, la nostra tiepidezza sarebbe come uno schiaffo al loro sacrificio, al sacrificio di Cristo.

Gesù è venuto a portarci la vita eterna, non è venuto a condannare ma a salvare. Tuttavia il suo amore non trovò un cammino facile, ebbe di lottare con chi lo voleva far tacere, con chi rifiutava la sua Parola. Oggi siamo noi i chiamati a continuare la sua opera di salvezza e non possiamo pretendere che sia facile. Cominciamo oggi ad affrontare, con coraggio e umiltà, gli attacchi che aspettano a chi è portatore della Luce in un mondo confuso per le tenebre.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

lunes, 12 de marzo de 2012

Domenica III del Tempo di Quaresima - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
la Quaresima ci invita a fare penitenza, così chiediamo a Dio il perdono per le nostre mancanze. Tuttavia esiste un problema molto grande nella nostra società odierna cioè la deformazione della coscienza. Ci sentiamo troppo buoni, ci sembra di non avere fatto quasi nessun peccato. Questo dimostra che non abbiamo ancora capito il valore dei comandamenti e l’amore che loro rispecchiano.

Abbiamo letto nella prima lettura come Dio prime di dare i dieci comandamenti, ricorda al popolo che Lui è il Signore, quello che li liberò della schiavitù d’Egitto. Così dimostra che ci teneva a quel popolo, che quel decalogo non era per togliere la libertà a nessuno ma per insegnarli a vivere insieme, ad amarsi li uni agli altri. Dio mostra la sua Paternità attraverso la sua legge.

Quando Gesù entra nel tempio a Gerusalemme e si trova con questo caos, il zelo lo fa mettere un po’ d’ordine. Tutti sapevano che facevano male al tenere dentro della casa di Dio animali e fare commercio, perciò nessuno lo ferma. Solo alla fine si azzardano a domandare quale autorità possiede per fare così. Gesù risponde in maniera che loro non possono capire, però afferma la sua divinità come prova d’autorità. Sappiamo che Gesù è Dio precisamente perché dopo tre giorni della sua morte è risorto, ha ripreso la vita che aveva donato. Dio Padre donò il suo Figlio prediletto per la nostra salvezza. Nostro compito è prendere questa salvezza che ci viene offerta. Lo facciamo compiendo i comandamenti.

Allora la Parola ci invita a ricordare una grande verità. Dio è il nostro Padre, il nostro Signore. Ogni buon figlio sa che deve obbedire al padre, non soltanto perché è rivestito d’autorità, ma soprattutto per la sua paternità. Dio è il miglior Padre, il Padre buono, il Padre di tutti. Questa ci fa capire che tutti siamo figli e anche fratelli.

Obbedire i comandamenti è ciò che fanno i buoni figli. Per chi ama il suo Padre non è un compito difficile. Chi ama Gesù non fa perdere la grazia che ci dona a prezzo del suo sangue. Lui è risorto e siede alla destra del Padre nostro. E’ tempo di fare i bravi.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

miércoles, 7 de marzo de 2012

Dal trattato «Il Regno di Gesù» di san Giovanni Eudes, sacerdote

I misteri di Cristo e la vita della Chiesa

Noi dobbiamo sviluppare continuamente in noi e, in fine, completare gli stati e i misteri di Gesù. Dobbiamo poi pregarlo che li porti lui stesso a compimento in noi e in tutta la sua Chiesa.

Infatti i misteri di Gesù non hanno ancora raggiunto la loro totale perfezione e completezza. Essi sono certo completi e perfetti per quanto riguarda la persona di Gesù, non lo sono tuttavia ancora in noi che siamo sue membra, e nemmeno nella sua Chiesa, che è il suo corpo mistico. Il Figlio di Dio desidera una certa partecipazione e come un'estensione e continuazione in noi e in tutta la sua Chiesa del mistero della sua incarnazione, della sua nascita, della sua infanzia, della sua vita nascosta. Lo fa prendendo forma in noi, nascendo nelle nostre anime per mezzo dei santi sacramenti del battesimo e della divina eucaristia. Lo compie facendoci vivere di una vita spirituale e interiore che sia nascosta con lui in Dio.

Egli intende rendere perfetti in noi i misteri della sua passione, della sua morte e della sua risurrezione. Li attua facendoci soffrire, morire e risuscitare con lui e in lui. Egli desidera comunicare a noi la condizione gloriosa e immortale che egli possiede in cielo. Ottiene questo fine facendoci vivere con lui e in lui di una vita gloriosa e immortale. Questo lo farà quando lo avremo raggiunto in cielo. 

Allo stesso modo egli si ripromette di realizzare in noi e nella sua Chiesa tutti gli altri suoi stati e misteri. A ciò perviene attraverso quanto ci comunica e ci partecipa. San Paolo dice che il Cristo cresce e giunge alla sua maturità nella Chiesa e che noi contribuiamo a questo processo di sviluppo. Noi effettivamente cooperiamo a creare l'uomo perfetto e a portare a piena maturità il Cristo (cfr. Ef 4, 13). In questo senso si capisce bene l'Apostolo quando afferma che completa nella sua carne quello che manca ai patimenti di Cristo (cfr. Col 1, 24). E come la perfezione dei santi non arriva al suo culmine se non alla fine del tempo stabilito da Dio, così i misteri di Gesù non raggiungeranno il grado ultimo e assoluto della loro azione di salvezza nei singoli e nella Chiesa se non alla fine del mondo. Solo nel giorno del giudizio universale il corpo mistico arriverà alla sua età perfetta.

domingo, 26 de febrero de 2012

Domenica I del Tempo di Quaresima - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
sicuramente, quando eravamo bambini, tutti siamo passati per l’esperienza della punizione. Forse rinchiusi in camera o in piedi nell’angolo del soggiorno, abbiamo passato del tempo a pensare su ciò che avevamo fatto male. Magari no ci sembra un bel ricordo, però lo scopo era farci riflettere e anche pentire, con la speranza che imparassimo la lezione.

Per gli adulti non basta l’angolo, c’è bisogno di qualcosa più forte. I carceri perseguono lo stesso scopo: pentimento e cambiamento. Perdere temporalmente la libertà serve per capire che le cattive opere portano con se cattive conseguenze, tanto per chi le soffre come per chi le fa. Chiuso e in isolamento si dovrebbe riuscire a convertirsi.

Gesù è andato nel deserto e lì è rimasto quaranta giorni. Digiuno e preghiera, insieme alla solitudine per prepararsi alla sua vita pubblica. Lui non aveva niente da pentirsi, però si aveva bisogno di stare da solo, per orare al Padre. E’ questo l’esempio che noi vogliamo imitare durante la quaresima.

Tanto la punizione del bambino, come il carcere del adulto somigliano i quaranta giorni del Signore, perché lo scopo è sempre lo stesso: pentimento, penitenza e conversione.

Ma c’è anche una grande differenza. Mentre ne il bambino, ne l’adulto scelgono la propria punizione, nel caso della Quaresima non ci viene imposta. Dio ci propone un tempo di penitenza e riflessione attraverso la Chiesa, siamo invitati a viverlo, però è una decisione personale accettare.

In questa prima domenica della Quaresima dobbiamo deciderci ad approfittare ogni giorno, trovare il nostro “deserto” dove poter meditare e attraverso la preghiera e la meditazione, le mortificazioni e le opere di misericordia, produrre i frutti che Gesù aspetta da noi.
Fino al Cielo.

P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

miércoles, 15 de febrero de 2012

Incarnare la Parola - Dai «Commenti sul Diatessaron» di sant'Efrem, diacono

La parola di Dio è sorgente inesauribile di vita

Chi è capace di comprendere, Signore, tutta la ricchezza di una sola delle tue parole? È molto più ciò che ci sfugge di quanto riusciamo a comprendere. Siamo proprio come gli assetati che bevono ad una fonte. La tua parola offre molti aspetti diversi, come numerose sono le prospettive di coloro che la studiano. Il Signore ha colorato la sua parola di bellezze svariate, perché coloro che la scrutano possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella sua parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una ricchezza in ciò che contempla.

La sua parola è un albero di vita che, da ogni parte, ti porge dei frutti benedetti. Essa è come quella roccia aperta nel deserto, che divenne per ogni uomo, da ogni parte, una bevanda spirituale. Essi mangiarono, dice l'Apostolo, un cibo spirituale e bevvero una bevanda spirituale (cfr. 1 Cor 10, 2).

Colui al quale tocca una di queste ricchezze non creda che non vi sia altro nella parola di Dio oltre ciò che egli ha trovato. Si renda conto piuttosto che egli non è stato capace di scoprirvi se non una sola cosa fra molte altre. Dopo essersi arricchito della parola, non creda che questa venga da ciò impoverita. Incapace di esaurirne la ricchezza, renda grazie per la immensità di essa. Rallègrati perché sei stato saziato, ma non rattristarti per il fatto che la ricchezza della parola ti superi. 

Colui che ha sete è lieto di bere, ma non si rattrista perché non riesce a prosciugare la fonte. È meglio che la fonte soddisfi la tua sete, piuttosto che la sete esaurisca la fonte. Se la tua sete è spenta senza che la fonte sia inaridita, potrai bervi di nuovo ogni volta che ne avrai bisogno. Se invece saziandoti seccassi la sorgente, la tua vittoria sarebbe la tua sciagura. Ringrazia per quanto hai ricevuto e non mormorare per ciò che resta inutilizzato. Quello che hai preso o portato via è cosa tua, ma quello che resta è ancora tua eredità. Ciò che non hai potuto ricevere subito a causa della tua debolezza, ricevilo in altri momenti con la tua perseveranza. Non avere l'impudenza di voler prendere in un sol colpo ciò che non può essere prelevato se non a più riprese, e non allontanarti da ciò che potresti ricevere solo un po' alla volta.

domingo, 12 de febrero de 2012

Domenica VI del Tempo Ordinario - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
è stato impossibile per il lebbroso del Vangelo d’oggi tacere la grazia che aveva ricevuto dal Signore. La sua testimonianza è diventata così forte che Gesù non poteva più apparire in pubblico perché tutti volevano toccarlo e ricevere dei favori. Ma perché non è riuscito a obbedire, perché non è rimasto in silenzio come glielo aveva chiesto il Signore.

Già nella prima lettura ci fanno capire quale era lo stile di vita che aspettava a un malato di lebbra. Doveva abitare fuori l’accampamento da solo, e se si avvicinava doveva farlo urlando “Immondo, immondo”. Era una vita di grande sofferenza e umiliazione. E’ di questa vita che è stato riscattato l’uomo del Vangelo d’oggi. 

Quando nella seconda lettura San Paolo ci ricorda che tutto ciò che facciamo lo dobbiamo fare per glorificare Dio, possiamo capire ciò che fatto il ex lebbroso. L’unica maniera di ripagare a Dio il bene ricevuto era farlo conoscere, magnificare il suo nome mostrando il miracolo accaduto.

La domanda che ci dobbiamo fare e se anche noi diamo gloria a Dio con la nostra vita. Sicuramente possiamo fare un elenco abbastanza lungo di grazie ricevute da Dio, ma sarà anche così lungo l’elenco delle volte che lo abbiamo glorificato. 

E non è che Lui abbia bisogno di essere glorificato, non per se stesso. Glorificare Dio è un bene per il prossimo, perché è così che tutti possono conoscere il potere e soprattutto l’amore di Gesù. Sempre attraverso la testimonianza dei cristiani è che altri uomini hanno raggiunto la fede, hanno creduto al Vangelo. Questa è l’importanza di glorificare il Signore.

Oggi dobbiamo fare come il lebbroso, non possiamo tacere. Se non tacciamo, parleranno le pietre.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

jueves, 9 de febrero de 2012

Gesú e Isacco - Dalle «Omelie sulla Genesi» di Origene, sacerdote

Il sacrificio di Abramo

«Abramo prese la legna dell'olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutt'e due insieme» (Gn 22, 6). Isacco che reca la legna per il proprio sacrificio è figura di Cristo che portò la sua croce, e tuttavia portare la legna per l'olocausto è ufficio del sacerdote. Così egli diventa vittima e sacerdote. Ma anche l'espressione «proseguirono tutt'e due insieme» si riferisce allo stesso simbolo. Poiché mentre Abramo che si accinge a compiere il sacrificio porta fuoco e coltello, Isacco non cammina dietro di lui, ma a pari passo, perché si comprenda che egli condivide con lui il sacerdozio.

Che cosa viene ora? Disse Isacco a suo padre Abramo: Padre (cfr. Gn 22, 7). Questa voce del figlio in un momento simile è la voce della tentazione. Infatti come pensi tu che quel giovinetto, in procinto di essere immolato, non abbia con la sua voce sconvolto il cuore paterno? E sebbene Abramo fosse alquanto duro per la sua fede, rispose tuttavia con voce che tradiva l'affetto paterno: «Che vuoi, figlio?». E lui: «Ecco qui», disse, «il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio» (Gn 22, 7-8).

Mi commuove questa risposta di Abramo, così delicata e prudente. Non so che cosa egli prevedesse nella sua mente, poiché non parla al presente ma al futuro: «Dio provvederà l'agnello». Al figlio che chiedeva in presente dà la risposta in futuro; poiché lo stesso Signore avrebbe provveduto l'agnello nella persona di Cristo.

«Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: Abramo, Abramo. Rispose: Eccomi. L'angelo disse: Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio» (Gn 22, 10-12). Confrontiamo queste parole con ciò che dice l'Apostolo riguardo a Dio: «Egli non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma lo ha dato alla morte per noi tutti» (Rm 8, 32). Puoi vedere così che Dio gareggia con gli uomini nella sua straordinaria liberalità. Abramo offrì a Dio il figlio mortale, che però non sarebbe morto allora, mentre Dio consegna alla morte per tutti noi il suo Figlio immortale. «Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio» (Gn 22, 13). Abbiamo detto, in precedenza, mi pare, che Isacco prefigurava il Cristo; ma anche l'ariete sembra che in qualche modo sia figura di Cristo. Vale la pena riflettere un po' sul modo con cui ambedue si possono riferire a Cristo: Isacco che non fu immolato e l'ariete che fu offerto in sacrificio.

Cristo è il Verbo di Dio, ma «il Verbo si è fatto carne» (Gv 1, 14). Cristo dunque patisce, ma nella carne; e incontra la morte, ma nella carne, della quale l'ariete era una figura, come anche Giovanni diceva: «Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!» (Gv 1, 29). Ma il Verbo conservò la sua impassibilità che è propria dello Spirito di Cristo, di cui Isacco è la figura. Perciò egli è vittima e pontefice secondo lo spirito poiché colui che offre la vittima al Padre secondo la carne, è lui stesso offerto sull'altare della croce.

domingo, 5 de febrero de 2012

Domenica V del Tempo Ordinario - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
La compassione è un sentimento molto legato al amore, alla carità. Compatire significa sentire-con, essere capace di mettersi nei panni degli altri. Ma non è soltanto il sentimento ma ciò che ti muove ad agire per aiutare a chi soffre. Gesù si fece in tutto uguale a noi tranne il peccato. Condivide con noi tutti i nostri sentimenti ed emozioni, tranne quelle peccaminose. Allora era logico che davanti alla sofferenza della suocera di Pietro si mettessi a guarirla. Ebbe compassione di lei e di tutta la sua famiglia.

E’ anche importante sottolineare come anche lei risponde a questa carità, e subito si mette a servire. Amore con amore si paga. In questa donna troviamo un esempio che dobbiamo imitare. San Paolo nella seconda lettura ci conferma quest’affermazione. Lui insiste che deve servire e farlo predicando il Vangelo.

Tutti noi abbiamo delle necessità, preoccupazioni o problemi per i quali preghiamo l’aiuto di Dio. Speriamo in Lui, aspettiamo una risposta che ci permetta superare ciò che ci fa soffrire. Forse davanti a questo brano del Vangelo ci possiamo domandare: perché a lei le stata tolta la sofferenza a me no? Sicuramente dobbiamo pensare bene, magari questo non è il ragionamento più giusto.

Ogni uno di noi è stato guarito della più grande malattia, del male maggiore che ci condannava alla sofferenza eterna. Per guarirci Gesù sacrificò la sua vita sulla Croce. Chi è stato capace di capire questa grande verità, come lo fece San Paolo, si impegnerà ogni giorno a ringraziare un dono così grande. E secondo l’Apostolo dei gentili, la maniera più eccellente si servire Dio è continuare la sua opera. Quindi la domanda giusta sarebbe: come posso io servire?

Basta guardare un po’ la realtà del mondo di oggi per confermare l’urgente necessità da Dio. A la radice de ogni sofferenza, di ogni ingiustizia, è il peccato. Non basta con sentire compassione davanti al dolore altrui, dobbiamo intervenire per farlo smettere. Soltanto Gesù può portare tutto il bene, quello eterno, e noi cristiani siamo chiamati a farlo conoscere. E’ urgente unirci alla missione della Chiesa, solo così potremmo ridare al mondo la pace che perse tanto tempo fa.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

martes, 31 de enero de 2012

IV Domenica del Tempo Ordinario - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
il Vangelo questa volta ci porta a un episodio molto importante della vita pubblica del Signore. Tuttavia se non stiamo attenti possiamo rimanere con la idea che la cosa più interessante sarebbe quella dei demoni cacciati, quando in realtà ciò che viene sottolineato è altra cosa.

Dall’inizio San Marco ci mette in rialzo la importanza del insegnamento di Gesù, e come la gente si meravigliava al sentirlo insegnare con autorità. Giustamente da quel punto dobbiamo partire e prendere l’espulsione dei demoni come una prova del potere divino di Gesù. Così chi ascolta Lui non ascolta soltanto a un grande maestro ma al Dio che si è fatto uomo.

Oggi sono tante le voci che lottano per attirare la nostra attenzione e tante colte ci distraggono dell’unico insegnamento che veramente ci può dare la felicità.

Il Papa ci ha invitato a vivere un anno della Fede. La fede si nutre del messaggio di Gesù. Perciò Sua Santità ci ha ricordato l’importanza di rinnovare la fede attraverso il Catechismo della Chiesa Cattolica. Questo è il testo che ci guiderà alle profondità della dottrina, ci aiuterà a conoscere meglio i misteri del nostro credo. Dobbiamo ricordare che nessuno ama ciò che non conosci.

Possiamo concludere la nostra riflessione ringraziando il Signore che ha voluto rivelarsi, mostrarci il suo piano, abbassarsi perché noi potessimo conoscerlo. Resta a noi corrispondere a dono così grande fanno il nostro meglio per conoscere ed imparare bene la dottrina della fede.
Fino al Cielo.

P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

martes, 24 de enero de 2012

Domenica III del Tempo Ordinario - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
Gesù ci chiama sempre, ci chiama con dolcezza con la speranza di avere una risposta positiva. Nel Vangelo di questa domenica ci ha chiamato a seguirlo in due dimensioni: una personale e una comunitaria. Dobbiamo capire bene questa chiamata perché è così come la Croce, senza di essa non saremmo capaci di ripagare l’amore che Gesù ci da.

Quasi sempre al leggere le chiamate di Gesù agli Apostoli, molti cristiani non le prendono come una cosa personale. Collegano queste chiamate al sacerdozio ministeriale che non è la missione di tutti. Perciò semplicemente vanno avanti convinti che quella parte del Vangelo non c’entra con loro. Tuttavia non è così, perché la Parola di Dio è luce per tutti, quindi dobbiamo cercare di capire cosa dice ad ogni uno di noi, secondo il proprio stato di vita.

La prima chiamata di Gesù è alla conversione. Siccome tutti siamo peccatori, nessuno si può sentire escluso. Convertirsi significa fare un giro, come i soldati, per passare dell’indifferenza al amore, del peccato alla vita della grazia. Quindi il Signore ci chiama alla santità, ci chiama ad essere i suoi discepoli.

Però non possiamo pensare che la religione sia qualcosa soltanto personale, individuale. Cristo ci chiama alla santità di vita attraverso la comunità, la Chiesa. Essere pescatori di uomini significa che ogni cristiano è chiamato ad aiutare nella salvezza del prossimo. Dobbiamo aiutarci a vicenda in questo cammino verso la santità.

Ecco le due dimensioni della vita cristiana, ecco a cosa ci chiama il Signore a tutti. Così come la Croce a due legni, uno verso l’alto verso Dio e uno che abbraccia il mondo. Amare Gesù è la cosa più bella, seguirlo invece è la più dolce.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

domingo, 8 de enero de 2012

Battesimo del Signore - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
la festa del Battesimo del Signore ci ricorda che anche noi siamo stati battezzati e così siamo diventati membri della Chiesa. Nel momento che Cristo riceve le acque da Giovanni si manifestano anche il Padre che parla dal alto e lo Spirito che scende su di Lui in forma di colomba. Così possiamo anche ricordare che nostro Dio è famiglia, è comunità.

Queste due idee sono alla fine una sola. Dio che è una famiglia, attraverso il Battesimo chi ha fato diventare parte della sua grande famiglia che è la Chiesa. Essere battezzato significa ricevere le grazie della salvezza, la filiazione divina, e soprattutto l’eredità: il Regno dei Cieli.

Però fare parte di una famiglia significa anche avere delle responsabilità, e questo molte volte rimane dimenticato o molto trascurato. Una famiglia che educa sa insegnare a ogni membro a svolgere un compito. Se ogni uno compie il suo dovere, la famiglia si sviluppa e riesce ad arrivare alla sua meta che è produrre uomini e donne santi. Tuttavia sembrerebbe che questa priorità sia stata molto dimenticata.

Giovanni compie la sua missione, ha molto chiaro che lui deve preparare il cammino del Messia. Gesù sa che è venuto per fare la volontà del Padre, e questa obbedienza lo porta fino alla Croce. I santi hanno capito bene anche questo che chiamiamo corresponsabilità, che significa che nella famiglia dei cristiani che è la Chiesa di Do, tutti abbiamo una missione da compiere, una responsabilità.

Quando in una comunità cristiana questa verità è chiara per tutti, la Chiesa cresce e si fortifica. Non mancano i ministri, ne le anime consacrate. I più deboli sono curati, e i sofferenti consolati e accompagnati. La Parola viene celebrata e annunziata a tutti e l’Eucaristia è il centro della vita ecclesiale. Senza capire questa grande verità capita tutto l’opposto e la Chiesa soffre.

Oggi che ricordiamo il nostro battesimo, dobbiamo anche ricordare la chiamata del Signore alla perfezione, al amore e al servizio. Siamo tutti membri della Chiesa, corresponsabili e quindi è prioritario metterci in marcia per rispondere alle necessità del mondo. E la prima e più importante delle necessità è conoscere Gesù. Se ogni cristiano fa il suo dovere la Chiesa riuscirà a portare il Vangelo a tutta l’umanità.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

lunes, 2 de enero de 2012

Santa Maria Madre di Dio, Tempo di Natale - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
nella immagine che vi condivido oggi vediamo alla Madonna adorare suo Figlio. Lei capiva perfettamente che quel bimbo era il Messia, il promesso dei tempi, il Salvatore del mondo. Quel Dio a chi lei aveva sempre pregato adesso stava tra le sue braccia per essere sfamato, curato e cresciuto da lei.

Sappiamo per la tradizione che la Vergine Maria andava spesso al Tempio a pregare, fin dalla sua infanzia. Come tutti i giudei aspettava il compimento della promessa che Dio aveva fatto di inviare un Salvatore al mondo. Per lei era chiara quella priorità, perchè senza il Redentore nessuno poteva entrare in Cielo. Quando l’angelo Gabriele venne a trovarla ella accetto la missione di Madre del Salvatore, collaborando così direttamente nella redenzione del genere umano. Dopo che Gesù fu acceso al Cielo lei rimasse con gli Apostoli, lo conferma il fatto che lei era presente nel Cenacolo quando scese lo Spirito Santo in Pentecoste. Perciò la chiamiamo Madre della Chiesa. Così possiamo vedere che la sua priorità è stata sempre la stessa, prima, durante e dopo Gesù: la Salvezza.

Maria non dimenticò mai che l’unico che veramente conta in questa vita e raggiungere la salvezza della nostra anima, quindi quella dovrebbe essere la nostra priorità di vita. Questo processo che comincia con il nostro battesimo include anche i nostri prossimi, perché siamo tutti parte del Corpo Mistico di Cristo. Maria sapeva che suo figlio era nato per salvare il Popolo di Dio, del quale lei faceva anche parte.

Noi dobbiamo verificare se la nostra salvezza e quella dei nostri fratelli è la nostra priorità. E’ molto facile lasciarsi portare per altre cose buone e importanti: il coniuge, i figli, lo studio, il lavoro, l‘azione sociale, etc. Tutte cose necessarie che ci possono aiutare ad arrivare alla metta sempre che non dimentichiamo la vera priorità. Non possiamo prendere i mezzi come fini. Il nostro oggettivo è la salvezza.

Stiamo cominciando un nuovo anno civile, opportunità preziosa per mettere un po’ d’ordine se fosse il caso, nelle nostre priorità di vita. Ci basterà con seguire l’esempio di Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa. Così come lei non ci dobbiamo distrarre dell’unica cosa che veramente conta. Sono sicuro che a lei quello la rallegrerà, perché per la nostra salvezza si sacrificò suo Figlio.
Fino al Cielo. 

P. César Piechestein
ilpreteditutti