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martes, 25 de enero de 2011

Il Vangelo ci da vita - Balduino di Cantorbery, vescovo

La parola di Dio è viva ed efficace

«La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4, 12). Ecco quanto è grande la potenza e la sapienza racchiusa nella parola di Dio. Il testo è altamente significativo per chi cerca Cristo, che è precisamente la parola, la potenza e la sapienza di Dio! Questa parola, fin dal principio coeterna col Padre, a suo tempo fu rivelata agli apostoli, per mezzo di essi fu annunziata ed accolta con umile fede dai popoli credenti. È dunque parola nel Padre, parola nella predicazione, parola nel cuore.

Questa parola di Dio è viva, e ad essa il Padre ha dato il potere di avere la vita in se stessa, né più né meno come il Padre ha la vita in se stesso. Per cui il Verbo non solo è vivo, ma è anche vita, come egli stesso dice: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6).

È quindi vita, è vivo, e può dare la vita. Infatti «come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole» (Gv 5, 21). E dà la vita quando chiama il morto dal sepolcro e dice: «Lazzaro, vieni fuori» (Gv 11, 43).

Quando questa parola viene predicata, mediante la voce del predicatore, dona alla sua voce, che si percepisce esteriormente, la virtù di operare interiormente, per cui i morti riacquistano la vita e rinascono nella gioia dei figli di Abramo.
Questa parola è dunque viva nel cuore del Padre, viva sulla bocca del predicatore, viva nel cuore di chi crede e di chi ama. Ed appunto perché questa parola è così viva, non v'è dubbio che sia anche efficace.

È efficace nella creazione, è efficace nel governo del mondo, è efficace nella redenzione. Che cosa potrebbe essere più efficace e più potente? «Chi può narrare i prodigi del Signore e far risuonare tutta la sua lode?» (Sal 105, 2). È efficace quando opera, è efficace quando viene predicata. Infatti non ritorna indietro vuota, ma produce i suoi frutti dovunque viene annunziata.

È efficace e «più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4, 12) quando viene creduta ed amata. Che cosa infatti è impossibile a chi crede, che cosa è impossibile a chi ama? Quando parla questa parola, le sue parole trapassano il cuore, come gli acuti dardi, scagliati da un eroe. Entrano in profondità come chiodi battuti con forza, e penetrano tanto dentro, da raggiungere le intimità segrete dell'anima. Infatti questa parola è più penetrante di qualunque spada a doppio taglio, perché il suo potere d'incisione supera quello della lama più temprata e la sua acutezza quella di qualsiasi ingegno. Nessuna saggezza umana e nessun prodotto d'intelligenza è fine e sottile al pari di essa. È più appuntita di qualunque sottigliezza della sapienza umana e dei più ingegnosi raziocini.

jueves, 20 de enero de 2011

Il Vangelo della Domenica - Domenica II del Tempo Ordinario

Carissimi fratelli,
 nelle lettura come nel Vangelo della domenica scorsa si ripete la stessa idea: testimonianza. Dio vuole che siamo capaci di dare testimonianza di Lui nel mondo. Essere testimone significa parlare di ciò che abbiamo sperimentato, di ciò che conosciamo bene. La fede deve essere condivisa e predicata per testimoni.

Quando sentiamo parlare di testimonianza subito pensiamo in qualcuno che ci racconta i miracoli ricevuti da Dio. Magari basta per cominciare pero non possiamo ridurre tutto a quello, la testimonianza è molto di più. No possiamo pensare che si deve aspettare a ricevere un favore straordinario per cominciare ad essere testimone di Dio.

Noi abbiamo conosciuto un Dio che si è fatto bimbo, che abitò tra gli uomini, lavorando, pregando e camminando in mezzo a noi. Un Dio che si è lasciato inchiodare sulla Croce e poi è tornato in vita, risorto. Un Messia che si fa Pane in ogni Messa e che ci perdona ogni volta che, pentiti, ci confessiamo. E’ un Dio infinito e allo stesso tempo vicino. Questo dobbiamo proclamare.

Non è possibile che siamo noi i primi in cadere nella trappola della spettacolarizzazione, cercando di fare lo show. Ni ha nessuno li fa la agenda allo Spirito Santo. Non possiamo diventare ricercatori di miracoli. C’e maggior miracolo che la Eucaristia?

Fratelli la nostra è la più importante delle notizie, sebbene non appare in nessun telegiornale: Dio ci ha salvato. Siamo testimoni di questa verità perché ogni giorni la sperimentiamo nel nostro percorso spirituale. Tanti ci hanno dato loro esempio, è tempo di continuare noi. Predichiamo il nostro Dio vivo, chi fa straordinarie tutte le cose e spettacolari tutti giorni.
Fino al Cielo.
P. César Piechestein
ilpreteditutti

martes, 11 de enero de 2011

Come Dio ci fa capaci d'amare - Dalle «Regole più ampie» di san Basilio il Grande, vescovo

La forza di amare è in noi stessi

L'amore di Dio non è un atto imposto all'uomo dall'esterno, ma sorge spontaneo dal cuore come altri beni rispondenti alla nostra natura. Noi non abbiamo imparato da altri né a godere la luce, né a desiderare la vita, né tanto meno ad amare i nostri genitori o i nostri educatori. Così dunque, anzi molto di più, l'amore di Dio non deriva da una disciplina esterna, ma si trova nella stessa costituzione naturale dell'uomo, come un germe e una forza della natura stessa. Lo spirito dell'uomo ha in sé la capacità ed anche il bisogno di amare.
 
L'insegnamento rende consapevoli di questa forza, aiuta a coltivarla con diligenza, a nutrirla con ardore e a portarla, con l'aiuto di Dio, fino alla sua massima perfezione. Voi avete cercato di seguire questa via. Mentre ve ne diamo atto, vogliamo contribuire, con la grazia di Dio e per le vostre preghiere, a rendere sempre più viva tale scintilla di amore divino, nascosta in voi dalla potenza dello Spirito Santo.

Diciamo in primo luogo che noi abbiamo ricevuto antecedentemente la forza e la capacità di osservare tutti i comandamenti divini, per cui non li sopportiamo a malincuore come se da noi si esigesse qualche cosa di superiore alle nostre forze, né siamo obbligati a ripagare di più di quanto ci sia stato elargito. Quando dunque facciamo un retto uso di queste cose, conduciamo una vita ricca di ogni virtù, mentre se ne facciamo un cattivo uso, cadiamo nel vizio.

Infatti la definizione del vizio è questa: uso cattivo e alieno dai precetti del Signore, delle facoltà che egli ci ha dato per fare il bene. Al contrario la definizione della virtù che Dio vuole da noi è: uso retto delle medesime capacità, che deriva dalla buona coscienza secondo il mandato del Signore.

La regola del buon uso vale anche del dono dell'amore. Nella stessa nostra costituzione naturale possediamo tale forza di amare anche se non possiamo dimostrarla con argomenti esterni, ma ciascuno di noi può sperimentarla da se stesso e in se stesso. Noi, per istinto naturale, desideriamo tutto ciò che è buono e bello, benché non a tutti sembrino buone e belle le stesse cose. Parimenti sentiamo in noi, anche se in forme inconscie, una speciale disponibilità verso quanti ci sono vicini o per parentela o per convivenza, e spontaneamente abbracciamo con sincero affetto quelli che ci fanno del bene.

Ora che cosa c'è di più ammirabile della divina bellezza? Quale pensiero è più gradito e più soave della magnificenza di Dio? Quale desiderio dell'animo è tanto veemente e forte quanto quello infuso da Dio in un'anima purificata da ogni peccato e che dice con sincero affetto: Io sono ferita dall'amore? (cfr. Ct 2, 5). Ineffabili e inenarrabili sono dunque gli splendori della divina bellezza.

Per pregare meglio - I sacerdoti sono pochi

PREGUIERA PER LE VOCAZIONI

O Gesù, Divino Pastore delle anime, che hai chiamato gli Apostoli per farne pescatori di uomini, attrai ancora a te anime ardenti e generose di giovani, per renderli tuoi seguaci e tuoi ministri; rendili partecipi della tua sete di universale redenzione, per la quale rinnovi ogni giorno il tuo sacrificio.

Tu, o Signore, sempre vivo a intercedere per noi, dischiudi gli orizzonti del mondo intero, ove il muto supplicare di tanti fratelli chiede luce di verità e calore di amore; affinchè rispondendo alla tua chiamata prolunghino quaggiù la tua missione, edifichino il tuo corpo mistico, che è la Chiesa, e siano sale della terra e luce del mondo.
Amen.

(Paolo VI,pp)

jueves, 6 de enero de 2011

Portare i nostri doni a Gesú - Epifania del Signore

Oggi celebriamo la solennità dell’Epifania del Signore, anche conosciuta come la festa dei Santi Re o dei Re Maggi. Sono convinto del valore delle piccole cose. C’è tanto messaggio nascosto nel dettagli che a volta sembrano mancare di profondità . Celebrare la Epifania del Signore , quindi la sua manifestazione al mondo, ci dona la opportunità di riflettere su tantissime grandi argomenti . Tuttavia vorrei soffermarmi in uno che sebbene è poco rilevante a livello teologico, è ciò che attira di più la attenzione dei bambini.

Non arrivarono con le mani vuote
I Re Maggi arrivarono con i doni. Non si presentano per dorare Gesù Bambino il Re dei Giudei, con le mani vuote. Portano una offerta che manifesta il loro riconoscimento, la sua sottomissione al Re dei re. Quel dono che ciascuno porta al Bambino ci deve ricordare una grande verità: quando andiamo da Gesù, non possiamo arrivare con le mani vuote.

E comune la idea di rivolgersi a Dio quasi sempre per chiedere qualcosa, per pregare un suo favore, il suo aiuto. E Lui chi è morto per i nostri peccati, si offre come sacrificio, è Lui l’Agnello di Dio che si sacrifica in ogni Eucaristia. Sembrerebbe che tutto ci porta a pensare che Lui sempre da e senza ricevere nulla. E quando arrivano i Maggi per darci una lezione essenziale.

Oggi possiamo fare un cambiamento e pensare un po di più in Gesù. Certamente Lui non ha bisogno di cose materiali, è il padrone del universo, tutto appartiene a Lui. Tuttavia ci ha detto che aspetta un “cuore pentito”, aspettava anche la gratitudine dei nove lebbrosi che non tornarono, aspettava essere accolto per i suoi paesani . Non merita seguire deluso per colpa nostra. Festeggiamo la Epifania manifestando anche noi la nostra adorazione, portiamo a Dio Bambino le nostre offerte di amore.
Fino al Cielo.
P. César Piechestein
ilpreteditutti

martes, 4 de enero de 2011

Una lettera che ci muove ...

Caro Padre Tommaso,
tanti auguri per il tuo onomastico! Stavo pensando ad una cosa divertente che mi è accaduta due anni fa, quando ho deciso di scriverti. Padre Martin Lucia ed io siamo andati insieme a fare un ritiro spirituale. Siccome ero raffreddato e avevo la tosse, Padre Martin mi consigliò di bere un cognac perchè mi aiutasse a dormire. Non avevo portato la mia sveglia ed ero preoccupato che se avessi preso il liquore non sarei stato capace di svegliarmi alle 3.00 per fare la mia ora santa con il Signore nel Santissimo Sacramento.

Padre Martin mi assicurò che Dio avrebbe trovato la maniera di svegliarmi, così ho bevuto il cognac. Pum! alle 3.00 ho sentito un forte colpo seguito da altri sulla porta della mia camera. Mi aspettavo di vedere Padre Martin aprendo la porta, mi sono stupito, invece, di vedere soltanto un cane. Questo cane era entrato in casa, aveva salito le scale e, messosi di spalle alla porta, l’aveva colpita con la coda fino a che mi sono alzato per aprirla. Al mattino seguente ho saputo che il cane non entrava mai in casa.

Sono seduto quì pensando tra me e me: se Dio può utilizzare un cane per portarmi alla mia ora santa, non potrebbe usarmi, caro Tommaso, per avvicinarti di più al Santissimo Sacramento? Vorrei continuare a scrivere sulla tastiera con la stessa forza con la quale il cane ha bussato alla mia porta, fino a che per Grazia di Dio comincerai a fare un’ora Santa al giorno e avrai l’Adorazione Perpetua nella tua parrocchia.

E solo questione di fede, fede che il Santissimo Sacramento è realmente la Persona di Gesù, quì con noi, in questo stesso luogo, in questo preciso momento! l’Apostolo Tommaso non ha creduto nella risurrezione di Cristo, “Se non vedo il segno dei chiodi nelle sue mani, se non tocco col dito il segno dei chiodi e se non tocco con mano il suo fianco, io non crederò.” (Giovanni 20,25)

Per questa ragione lo chiama “Tommaso l’incredulo”. Chi è oggi “Tommaso l’incredulo”? La gente crede nella Risurrezione, ma sà dove dimora il Signore Risorto? Oggi “Tommaso l’incredulo” è quello che non crede che il Santissimo Sacramento è Gesù, il nostro Salvatore Risorto, con tutto il potere della Sua Risurrezione che ci dà Grazie abbondanti soprattutto a quelli che si avvicinano alla Sua divina presenza.

Molti diranno che “sì” credono nella presenza reale. Ma la fede è molto più della sola approvazione intellettuale. Ciò che crediamo non può essere separato del nostro comportamento. Se crediamo che Gesù è presente nel Santissimo Sacramento, allora ci comportiamo secondo quello che crediamo. Andiamo da Lui, ci avviciniamo a Lui, corriamo da Lui. San Paolo dice “La fede è la garanzia di ciò che si spera; la prova delle realtà che non si vedono” (Ebrei 11,1)

Se potessi vedere Gesù nel Santissimo Sacramento, Tommaso, non saresti capace di riservare un’ora ogni giorno per restare con Lui? Se potessi vederLo come Lui realmente è, non avresti L’Adorazione Perpetua nella tua parrocchia? Il mondo intero verrebbe notte e giorno a vederLo ed a stare con Lui.

Immagina cosa succederebbe se Gesù si facesse visibile nel Santissimo Sacramento. Tutto il mondo vorrebbe prendere il primo aereo dalle Filippine per arrivare nella tua parrocchia. E non direbbe Gesù a ciascuno ciò che aveva detto all’Apostolo Tommaso “Perché mi hai visto hai creduto. Beati quelli che senza vedermi hanno creduto?” (Giovanni 20,29)

Nel Vangelo di oggi, Gesù appare a Tommaso perchè creda che Lui è Risorto. La più grande delle meraviglie del Suo amore non è la Sua apparizione; Gesù ti aspetta nel Santissimo Sacramento. Gesù ti vuole far venire da Lui per fede, per poterti chiamare “Beato” per tutta l’eternità.

Il suo amore è più del dire “Metti qui il dito e guarda le mani; accosta la mano e tocca il mio fianco. Non essere incredulo, ma credente!” (Giovanni 20,27)

Gesù nel Santissimo Sacramento è lo stesso che ha attraversato le porte chiuse e si è presentato in mezzo degli Apostoli dicendo “La pace sia con Voi”.

Quella è la pace che Gesù ci dona nelle ore sante. L’esperienza di questa pace è molto maggiore che se Gesù ti mostrasse le sue piaghe. Le piaghe non si vedono nel Santissimo Sacramento. Le Sue piaghe sono adesso la bellezza del Paradiso. Queste pieghe brillano più gloriosamente del sole. Quelle piaghe sono la fonte della Grazia.

Gesù vuole darti la pienezza della Sua Grazia, attraverso la fede. Perciò è molto meglio che non ti mostri le Sue piaghe visibilmente come all’Apostolo Tommaso, perché Lui vuole darti la Grazia invisibile di queste piaghe, con tutto il merito, tutta la gloria, la bellezza e l’amore di salvezza che da loro emana.

Con ogni ora Santa che fai, stai dicendo: Gesù “Signore mio e Dio mio” (Giovanni 20,28). E ogni volta Lui ti potrà dire: “Beato sei tu Tommaso, perchè senza vedere hai creduto”.

Tuo fratello nel Suo Amore Eucaristico
Mons. Pepe