Ancora oggi quando mi metto a pregare e mi viene da pesare in Dio Padre, non immagino un uomo grosso con una lunga barba bianca. Subito mi viene in testa mio nonno. Si chiama Annibale, sebbene per noi è sempre stato Nino.
Alto e magro, con mani grandi che parlano di lavoro e di terra. Un paio di occhi azzurri che sempre vestono uno sguardo sereno e anche melanconico. Un volto vecchio ma ancora bello, d’uomo di montagna, quasi mai visitato dal sorriso, chi sa perché.
C’era in Nino una mancanza. Quando aveva soltanto diciassette anni ebbe abbandonare l’Italia con tutta la sua famiglia. La fame è stata più forte dalle radici. Dietro rimassero la casa, gli amici, la storia, tutto ciò che non avrebbe veduto mai più, chi sa perché.
Ma c’era qualcosa di magico in Nino, un certo fascino che ti attaccava a lui. Per me erano corti i giorni che potevamo condividere. Tra l’orto, gli animali e la banchina del marciapiede sotto gli alberi davanti a casa, le ore sembravano minuti. Tutto acanto a lui diventava scoperta. E tutto sempre in silenzio. Si, perché mio nonno parlava poco.
Pero bastava così poco per sentirlo. Una volta mi carezzava i capelli, altra seduti bevendo mate, un piccolo colpo nel mio ginocchio, altre solo uno sguardo pieno di tenerezza. Per me sarebbe stato abbastanza soltanto con poter godere della sua compagnia che mi rassicurava, con poter restare insieme a lui. Per un bambino di sette anni queste cose contano tanto.
Pero lui se ne andò. Sono già passati 28 anni e ancora no mi sembra vero. Forse perché mamma e papà decisero che non era buono farmi vedere il nonno morto, forse perché ci sono vincoli che non si rompono mai. A me sembra che è in viaggio per il mondo, e mi manca, mi manca tanto.
Chi sa perché il Signore mi ha portato in Italia. Ciò che so è che qui mi sento ancora più vicino al nonno. Sono contento di parlare la lingua che lui parlava e credo lo sia anche lui. Tra poco andrò a visitare il suo paesino, quello che sicuro lo ricorda.
Ogni uno di noi ha delle impronte nell’anima. Impronte lasciate per chi ci ha amato ed è stato amato da noi. Ne il tempo, ne la morte riescono a cancellare ciò che è cresciuto tra due che si appartengono, come un bambino e suo nonno.
P. Cèsar Piechestein