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martes, 20 de marzo de 2012

Domenica IV del Tempo di Quaresima - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
Poco tempo fa sono state fate pubbliche alcune cifre che mettono paura. Ogni anno vengono assassinati oltre 105.000 cristiani per odio alla fede. Vuol dire un fratello ogni 5 minuti muore perché la sua vita era una testimonianza di Cristo. Come vedete la Luce continua ad essere perseguitata.

Il Vangelo ci ricorda che Gesù venne al mondo a dare la sua vita per la salvezza di tutta l’umanità. Quindi siamo noi cristiani i chiamati ad imitare il Crocifisso, offrendo anche noi la nostra vita, sacrificandoci per fare che quella salvezza arrivi a tutti.

Certo che non a tutti ci toccherà morire per la fede, tuttavia il Signore ci offrirà tutti i giorni delle opportunità per testimoniare la Parola. Perché non possiamo essere figli della Luce e agire come i figli delle tenebre. Essere testimoni di Gesù ci esige coerenza con il suo Vangelo, vivere in comunione con Lui, amare come Lui ci ama.

Se lo facciamo così, sicuramente non ci mancheranno persecuzioni, incomprensioni e opportunità per sacrificarci. La nostra religione è la più perseguitata al mondo attualmente. Sono tantissimi i martiri che ogni giorno muoiono dando testimonianza attraverso il loro sangue. E noi non possiamo essere indifferenti, la nostra tiepidezza sarebbe come uno schiaffo al loro sacrificio, al sacrificio di Cristo.

Gesù è venuto a portarci la vita eterna, non è venuto a condannare ma a salvare. Tuttavia il suo amore non trovò un cammino facile, ebbe di lottare con chi lo voleva far tacere, con chi rifiutava la sua Parola. Oggi siamo noi i chiamati a continuare la sua opera di salvezza e non possiamo pretendere che sia facile. Cominciamo oggi ad affrontare, con coraggio e umiltà, gli attacchi che aspettano a chi è portatore della Luce in un mondo confuso per le tenebre.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

lunes, 12 de marzo de 2012

Domenica III del Tempo di Quaresima - Fare vita il Vangelo

Carissimi fratelli,
la Quaresima ci invita a fare penitenza, così chiediamo a Dio il perdono per le nostre mancanze. Tuttavia esiste un problema molto grande nella nostra società odierna cioè la deformazione della coscienza. Ci sentiamo troppo buoni, ci sembra di non avere fatto quasi nessun peccato. Questo dimostra che non abbiamo ancora capito il valore dei comandamenti e l’amore che loro rispecchiano.

Abbiamo letto nella prima lettura come Dio prime di dare i dieci comandamenti, ricorda al popolo che Lui è il Signore, quello che li liberò della schiavitù d’Egitto. Così dimostra che ci teneva a quel popolo, che quel decalogo non era per togliere la libertà a nessuno ma per insegnarli a vivere insieme, ad amarsi li uni agli altri. Dio mostra la sua Paternità attraverso la sua legge.

Quando Gesù entra nel tempio a Gerusalemme e si trova con questo caos, il zelo lo fa mettere un po’ d’ordine. Tutti sapevano che facevano male al tenere dentro della casa di Dio animali e fare commercio, perciò nessuno lo ferma. Solo alla fine si azzardano a domandare quale autorità possiede per fare così. Gesù risponde in maniera che loro non possono capire, però afferma la sua divinità come prova d’autorità. Sappiamo che Gesù è Dio precisamente perché dopo tre giorni della sua morte è risorto, ha ripreso la vita che aveva donato. Dio Padre donò il suo Figlio prediletto per la nostra salvezza. Nostro compito è prendere questa salvezza che ci viene offerta. Lo facciamo compiendo i comandamenti.

Allora la Parola ci invita a ricordare una grande verità. Dio è il nostro Padre, il nostro Signore. Ogni buon figlio sa che deve obbedire al padre, non soltanto perché è rivestito d’autorità, ma soprattutto per la sua paternità. Dio è il miglior Padre, il Padre buono, il Padre di tutti. Questa ci fa capire che tutti siamo figli e anche fratelli.

Obbedire i comandamenti è ciò che fanno i buoni figli. Per chi ama il suo Padre non è un compito difficile. Chi ama Gesù non fa perdere la grazia che ci dona a prezzo del suo sangue. Lui è risorto e siede alla destra del Padre nostro. E’ tempo di fare i bravi.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

miércoles, 7 de marzo de 2012

Dal trattato «Il Regno di Gesù» di san Giovanni Eudes, sacerdote

I misteri di Cristo e la vita della Chiesa

Noi dobbiamo sviluppare continuamente in noi e, in fine, completare gli stati e i misteri di Gesù. Dobbiamo poi pregarlo che li porti lui stesso a compimento in noi e in tutta la sua Chiesa.

Infatti i misteri di Gesù non hanno ancora raggiunto la loro totale perfezione e completezza. Essi sono certo completi e perfetti per quanto riguarda la persona di Gesù, non lo sono tuttavia ancora in noi che siamo sue membra, e nemmeno nella sua Chiesa, che è il suo corpo mistico. Il Figlio di Dio desidera una certa partecipazione e come un'estensione e continuazione in noi e in tutta la sua Chiesa del mistero della sua incarnazione, della sua nascita, della sua infanzia, della sua vita nascosta. Lo fa prendendo forma in noi, nascendo nelle nostre anime per mezzo dei santi sacramenti del battesimo e della divina eucaristia. Lo compie facendoci vivere di una vita spirituale e interiore che sia nascosta con lui in Dio.

Egli intende rendere perfetti in noi i misteri della sua passione, della sua morte e della sua risurrezione. Li attua facendoci soffrire, morire e risuscitare con lui e in lui. Egli desidera comunicare a noi la condizione gloriosa e immortale che egli possiede in cielo. Ottiene questo fine facendoci vivere con lui e in lui di una vita gloriosa e immortale. Questo lo farà quando lo avremo raggiunto in cielo. 

Allo stesso modo egli si ripromette di realizzare in noi e nella sua Chiesa tutti gli altri suoi stati e misteri. A ciò perviene attraverso quanto ci comunica e ci partecipa. San Paolo dice che il Cristo cresce e giunge alla sua maturità nella Chiesa e che noi contribuiamo a questo processo di sviluppo. Noi effettivamente cooperiamo a creare l'uomo perfetto e a portare a piena maturità il Cristo (cfr. Ef 4, 13). In questo senso si capisce bene l'Apostolo quando afferma che completa nella sua carne quello che manca ai patimenti di Cristo (cfr. Col 1, 24). E come la perfezione dei santi non arriva al suo culmine se non alla fine del tempo stabilito da Dio, così i misteri di Gesù non raggiungeranno il grado ultimo e assoluto della loro azione di salvezza nei singoli e nella Chiesa se non alla fine del mondo. Solo nel giorno del giudizio universale il corpo mistico arriverà alla sua età perfetta.