Per conoscere di piú :

sábado, 26 de febrero de 2011

Il Vangelo della Domenica - VII del Tempo Ordinario

Carissimi fratelli,

Gesù ci ha detto che nei comandamenti del amore si riassume tutta la Bibbia. Quando ci domandiamo su il senso della nostra vita sappiamo che siamo servi di Dio, quindi lo scopo della nostra vita e fare la sua volontà. Nel Vangelo di questa domenica Cristo ci chiede di essere perfetti come nostro Padre è perfetto.

Dunque è molto importante capire in cosa consiste questa perfezione. Non è che possiamo diventare perfetti nel senso di non peccare più o di non avere nessun difetto o debolezza. Ciò non è possibile, siamo tutti umani e peccatori. Il Signore ci parla della perfezione nel amore.

E’ comincia parando del amore al prossimo, che è sempre la misura del nostro amore a Dio. Non basta con amare a chi ci ama, ai nostri amici, dobbiamo anche amare ai nostri nemici, a chi ci fa del male. Dobbiamo essere straordinari nel amare.

Un cristiano non si distingue soltanto per quello che fa, ma perciò che è. Noi siamo discepoli di Gesù, siamo figli di Dio e riceviamo da Lui tutte le grazie che ne abbiamo bisogno per compiere la nostra missione. Lui non ci chiede nessuna cosa impossibile da fare, e allo stesso tempo che ci chiama alla santità (perfezione) ci da tutto lo necessario per diventare santi.

Allora siccome non ci manca nulla tutto dipende della nostra volontà, del nostro impegno davanti a questo invito del Signore. Basta volerlo, basta lasciarsi portare per lo Spirito Santo. Questo sarà il vero inizio del nostro camino al Cielo.
Fino a lì.

P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

domingo, 13 de febrero de 2011

Il Vangelo della Domenica - VI del Tempo Ordinario

Carissimi fratelli,
non c’è dubbio che la migliore pubblicità è la voce dei clienti contenti. Tanti esperti in marketing sono convinti che sempre si spende di meno nella buona attenzione ai clienti che in tutti i tipi di pubblicità commerciale che si possa fare, perché la loro testimonianza produrrà sempre i migliori risultati. Così è successo anche con la fede tutti questi secoli di cristianesimo.

L'amore é la pienezza della Parola.
Nel Vangelo di questa domenica Gesù ci chiede di obbedire i suoi comandamenti e anche di insegnarli. Quindi non è abbastanza con amare y fare il bene, dobbiamo insegnare ad amare e a servire. Saranno le nostre opere insieme alle nostre parole a mostrare ai nostri fratelli la strada che ci porta al Cielo.

Gesù fa un elenco dei comandamenti che si devono vivere e non solo superficialmente, ma anche nei punti più piccoli. La fedeltà che deve essere vissuta insieme alla castità. Il rispetto alla vita degli altri vissuto insieme alla carità fraterna e al perdono. Non giurare in falso insieme alla sincerità e alla veracità delle nostre parole. Insomma vivere per intero la fede e la morale cristiana, senza fare sconti.

Sarà questa la strada che farà credibile il Vangelo. Noi siamo messaggeri, portatori della Parola del Signore e la nostra vita sarà la principale prova per confermare l’annuncio che facciamo. I pagani nei primi tempi della Chiesa dicevano davanti alla testimonianza dei primitivi cristiani: “Guardate come si amano”. Era questa manifestazione del’amore ciò che muoveva alla conversione, alla accettazione della fede in Gesù. 

Oggi questa continua ad essere la chiave della Nuova Evangelizzazione. Tutti siamo responsabili di questo compito, così come durante secoli lo hanno fatto i nostri fratelli. Coraggio che la messe e grande e gli operai ancora pochi.
Fino al Cielo.

Padre César Piechestein
ilpreteditutti

lunes, 7 de febrero de 2011

Pensando nelle persecuzioni dei nostri fratelli nella fede - Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo

La croce sia la tua gioia
anche in tempo di persecuzione

Senza dubbio ogni azione di Cristo è fonte di gloria per la Chiesa cattolica; ma la croce è la gloria delle glorie. È proprio questo che diceva Paolo: Lungi da me il gloriarmi se non nella croce di Cristo (cfr. Gal 6, 14).

Fu certo una cosa straordinaria che quel povero cieco nato riacquistasse la vista presso la piscina di Sìloe: ma cos'è questo in paragone dei ciechi di tutto il mondo? Cosa eccezionale e fuori dell'ordine naturale che Lazzaro, morto da ben quattro giorni, ritornasse in vita. Ma questa fortuna toccò a lui e a lui soltanto. Che cosa è mai se pensiamo a tutti quelli che, sparsi nel mondo intero, erano morti per i peccati?

Stupendo fu il prodigio che moltiplicò i cinque pani fornendo il cibo a cinquemila uomini con l'abbondanza di una sorgente. Ma che cosa è questo miracolo quando pensiamo a tutti coloro che sulla faccia della terra erano tormentati dalla fame dell'ignoranza? Così pure fu degno di ammirazione il miracolo che in un attimo liberò dalla sua infermità quella donna che Satana aveva tenuta legata da ben diciotto anni. Ma anche questo che cos'è mai in confronto della liberazione di tutti noi, carichi di tante catene di peccati?

La gloria della croce ha illuminato tutti coloro che erano ciechi per la loro ignoranza, ha sciolto tutti coloro che erano legati sotto la tirannide del peccato e ha redento il mondo intero.

Non dobbiamo vergognarci dunque della croce del Salvatore, anzi gloriàmocene. Perché se è vero che la parola «croce» è scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani, per noi è fonte di salvezza.

Se per quelli che vanno in perdizione è stoltezza, per noi che siamo stati salvati, è fortezza di Dio. Infatti non era un semplice uomo colui che diede la vita per noi, bensì il Figlio di Dio, Dio stesso, fattosi uomo.

Se una volta quell'agnello, immolato secondo la prescrizione di Mosè, teneva lontano l'Angelo sterminatore, non dovrebbe avere maggiore efficacia per liberarci dai peccati l'Agnello che toglie il peccato del mondo? Se il sangue di un animale irragionevole garantiva la salvezza, il sangue dell'Unigenito di Dio non dovrebbe recarci la salvezza nel vero senso della parola?

Egli non morì contro la sua volontà, né fu la violenza a sacrificarlo, ma si offrì di propria volontà. Ascolta quello che dice: Io ho il potere di dare la mia vita e il potere di riprenderla (cfr. Gv 10, 18). Egli dunque andò incontro alla sua passione di propria volontà, lieto di un'opera così sublime, pieno di gioia dentro di sé per il frutto che avrebbe dato cioè la salvezza degli uomini. Non arrossiva della croce, perché procurava la redenzione al mondo. Né era un uomo da nulla colui che soffriva, bensì Dio fatto uomo, e come uomo tutto proteso a conseguire la vittoria nell'obbedienza.

Perciò la croce non sia per te fonte di gaudio soltanto in tempo di tranquillità, ma confida che lo sarà parimenti nel tempo della persecuzione. Non ti avvenga di essere amico di Gesù solo in tempo di pace e poi nemico in tempo di guerra.

Ora ricevi il perdono dei tuoi peccati e i grandi benefici della donazione spirituale del tuo re e così, quando si avvicinerà la guerra, combatterai da prode per il tuo re.

È stato crocifisso per te Gesù, che nulla aveva fatto di male: e tu non ti lasceresti crocifiggere per lui che fu inchiodato sulla croce per te? Non sei tu a fare un dono, ma a riceverlo prima ancora di essere in grado di farlo, e in seguito, quando vieni a ciò abilitato, tu rendi semplicemente il contraccambio della gratitudine, sciogliendo il tuo debito a colui che per tuo amore fu crocifisso sul Golgota.

miércoles, 2 de febrero de 2011

Presentazione del Signore - Dai «Discorsi» di san Sofronio, vescovo

Accogliamo la luce viva ed eterna

Noi tutti che celebriamo e veneriamo con intima partecipazione il mistero dell'incontro dei Signore, corriamo e muoviamoci insieme in fervore di spirito incontro a lui. Nessuno se ne sottragga, nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola. Accresciamo anzi lo splendore dei ceri per significare il divino fulgore di lui che si sta avvicinando e grazie al quale ogni cosa risplende, dopo che l'abbondanza della luce eterna ha dissipato le tenebre della caligine. Ma le nostre lampade esprimano soprattutto la luminosità dell'anima, con la quale dobbiamo andare incontro a Cristo. Come infatti la Madre di Dio e Vergine intatta portò sulle braccia la vera luce e si avvicinò a coloro che giacevano nelle tenebre, così anche noi, illuminati dal suo chiarore e stringendo tra le mani la luce che risplende dinanzi a tutti, dobbiamo affrettarci verso colui che è la vera luce.
Le luci della preghiera

La luce venne nel mondo (cfr. Gv 1,9) e, dissipate le tenebre che lo avvolgevano, lo illuminò. Ci visitò colui che sorge dall'alto (cfr. Lc 1,78) e rifulse a quanti giacevano nelle tenebre. Per questo anche noi dobbiamo ora camminare stringendo le fiaccole e correre portando le luci. Così indicheremo che a noi rifulse la luce, e rappresenteremo lo splendore divino di cui siamo messaggeri. Per questo corriamo tutti incontro a Dio. Ecco il significato del mistero odierno.

La luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1,9) è venuta. Tutti dunque, o fratelli, siamone illuminati, tutti brilliamo. Nessuno resti escluso da questo splendore, nessuno si ostini a rimanere immerso nel buio. Ma avanziamo tutti raggianti e illuminati verso di lui. Riceviamo esultanti nell'animo, col vecchio Simeone, la luce sfolgorante ed eterna. Innalziamo canti di ringraziamento al Padre della luce, che mandò la luce vera, e dissipò ogni tenebra, e rese noi tutti luminosi. La salvezza di Dio, infatti, preparata dinanzi a tutti i popoli e manifestata a gloria di noi, nuovo Israele, grazie a lui, la vedemmo anche noi e subito fummo liberati dall'antica e tenebrosa colpa, appunto come Simeone, veduto il Cristo, fu sciolto dai legami della vita presente.

Anche noi, abbracciando con la fede il Cristo che viene da Betlemme, divenimmo da pagani popolo di Dio. Egli, infatti, è la salvezza di Dio Padre. Vedemmo con gli occhi il Dio fatto carne. E proprio per aver visto il Dio presente fra noi ed averlo accolto con le braccia dello spirito, ci chiamiamo nuovo Israele. Noi onoriamo questa presenza nelle celebrazioni anniversarie, né sarà ormai possibile dimenticarcene.