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jueves, 30 de diciembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - Domenica della Santa Famiglia

Carissimi fratelli,

Domenica scorsa abbiamo celebrato due grandi feste: la Santa Famiglia e Santo Stefano. Sicuro deve esserci un messaggio che mette insieme queste due celebrazioni . Sono convinto che la parola chiave è coraggio.

Tanti credono che se siamo fedeli il Signore ci farà la vita più facile. Molti ancora affermano che c’è un rapporto stretto tra fede e benessere. Tanti, purtroppo invece di cercare in Dio la forza e il coraggio, sperano di Lui rifugio e soluzioni.

Lo abbiamo ricevuto, adesso dobbiamo portarlo.
Il passaggio che abbiamo letto ci ricorda che il Bambino Gesù, appena nato, ha dovuto scappare insieme Giuseppe e Maria, per salvare la vita. Erode voleva ammazzare il Messia perché vedeva in Lui un pericolo per il suo potere. Una volta morto Erode sono riusciti a rientrare in Israele, ma nascosti in Nazareth, perché Archelao era così cattivo come suo padre. Nemmeno a suo proprio Figlio Dio fa facili le cose. La vita è piena di ostacoli, non per farci cadere, ma per allenarci, per farci diventare più forti.

Santo Stefano predicava con energia, senza riposo, benché sapeva che sua parola non era accolta bene da parte delle autorità ebrea. Poteva avere taciuto ed evitare tanti problemi, ma non avrebbe adempiuto sua missione. La sua perseveranza li costo la vita. Dio fu la sua fortezza e saggezza per andare avanti , anche la sua misericordia ha ricevuto per perdonare i suoi assassini .

Se Dio non ha tolto ne alla Santa Famiglia, ne a nessun santo le difficoltà ne le sofferenze della vita, perché dovrebbe farlo con noi ? Dobbiamo accettare che la vita in questo mondo non è perfetta nemmeno rosata. Ciascuno ha una parte di problemi e dolori che portare avanti, è la nostra croce. Non serve a niente rifiutarla o chiedere al Signore che ci la tolga. Ma sicuramente ci darà la forza per portarla, infatti ce’la offre tutti giorni nei sacramenti, nella sua Parola, a traverso la preghiera.

Essendo finito il tempo di avvento, tempo per prepararci, adesso dobbiamo vivere il tempo liturgico di Natale, che finirà colla festa del Battesimo del Signore. Questo tempo ci deve servire per, avendo ricevuto a Gesù adesso dobbiamo portarlo a tutti quelli che ancora non lo conoscono. Dobbiamo diventare portatori della Luce. Andiamo al’incontro delle nostre difficoltà con coraggio, sapendo che Dio è con noi e così potremo illuminare il mondo del benessere e farli capire che la cosa più importante è il amore. E non c’è amore senza sacrificio, ne sacrificio senza dolore.
Fino al Cielo.
P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

jueves, 23 de diciembre de 2010

Dio si é fatto un bimbo !!!

Non c'é piú grande gioia che sapere quanto é grande l'amore di Dio.Ci ha inviato suo Figlio, nato in una famiglia, un bimbo santo.

Dobbiamo celebrare questa festa della nostra salvezza anche in famiglia e insegnare ai piccoli ció che é veramente importante: Dio si é fatto carne, si é fatto uno di noi.

Vi saluto con tantissimo affetto e vi benedico.
Buon Natale per tutti !!!

miércoles, 22 de diciembre de 2010

Maria porta il Vangelo a Elisabetta - Di sant'Ambrogio, vescovo

La visitazione di Maria

L'angelo, che annunziava il mistero, volle garantirne la veridicità con una prova e annunziò alla vergine Maria la maternità di una donna vecchia e sterile, per dimostrare così che a Dio è possibile tutto ciò che vuole. Appena Maria ebbe udito ciò, si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell'annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall'intima gioia. Dove ormai, ricolma di Dio, poteva affrettarsi ad andare se non verso l'alto? La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze.

Lei é la prima missionaria
Subito si fanno sentire i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore. Infatti «appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, esultò il bambino nel seno di lei, ed ella fu ricolma di Spirito Santo» (cfr. Lc 1, 41). Si deve fare attenzione alla scelta delle singole parole e al loro significato. Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia; essa udì secondo l'ordine della natura, egli esultò in virtù del mistero; essa sentì l'arrivo di Maria, egli del Signore; la donna l'arrivo della donna, il bambino l'arrivo del bambino. Esse parlano delle grazie ricevute, essi nel seno delle loro madri realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse: e queste per un duplice miracolo profetizzano sotto l'ispirazione dei figli che portano.

Del figlio si dice che esultò, della madre che fu ricolma di Spirito Santo. Non fu prima la madre a essere ricolma dello Spirito, ma fu il figlio, ripieno di Spirito Santo, a ricolmare anche la madre.

Esultò Giovanni, esultò anche lo spirito di Maria. Ma mentre di Elisabetta si dice che fu ricolma di Spirito santo allorché Giovanni esultò, di Maria, che già era ricolma di Spirito santo, si dice che allora il suo spirito esultò. Colui che è incomprensibile, operava in modo incomprensibile nella madre. L'una, Elisabetta, fu ripiena di Spirito Santo dopo la concezione, Maria invece prima della concezione.

«Beata — disse — tu che hai creduto» (cfr. Lc 1, 45). Ma beati anche voi che avete udito e creduto: ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere.

Sia in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se c'è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio, purché, immacolata e immune da vizi, custodisca la castità con intemerato pudore. Ogni anima, che potrà mantenersi così, magnifica il Signore come magnificò il Signore l'anima di Maria, e il suo spirito esultò in Dio salvatore.

Come avete potuto leggere anche altrove: «Magnificate il Signore con me» (cfr. Sal 33, 4), il Signore è magnificato non perché la parola umana possa aggiungere qualcosa alla grandezza del Signore, ma perché egli viene magnificato in noi. Cristo è l'immagine di Dio: perciò l'anima che compie opere giuste e pie magnifica l'immagine di Dio a somiglianza della quale è stata creata, e mentre la magnifica, partecipa in certo modo alla sua grandezza e si eleva.

lunes, 20 de diciembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - Domenica IV di Avvento

Carissimi fratelli,

nella seconda lettura di questa domenica è San Pablo chi ci ricorda per primo che è stato scelto e ci da la chiave per riflettere. Nel Vangelo possiamo leggere come Dio fa sapere a San Giuseppe che anche lui è uno scelto, nel suo caso come padre adottivo del Bambino Gesù. Entrambi ci danno la testimonianza di una risposta docile, di donazione totale y definitiva .

Grande é stata la gioia di Giuseppe
Tutti conosciamo che ne a San Paolo, ne a San Giuseppe fu facile compiere con il compito assegnato da Dio. E pure verità che non si è sentito mai dire che loro si siano lamentati per le difficoltà o siano andati in dietro nei momenti duri che la missione a loro assegnata li ha portati. Tutti i due ci insegnano che fare la volontà di Dio deve essere il nostro obiettivo , il centro della nostra vita. Senza quello scopo diventeremmo sterili, la nostra vita sarebbe una noia, senza ragione di essere.

Essere eletto da Dio è un privilegio, una benedizione, ma purtroppo alcuni non la pensano così. Sembrerebbe che sentono pena davanti alle testimonianze di chi ha impegnato la propria vita a Dio, o di chi ogni giorno serve agli più poveri, o a chi lavora con tutta la sua energia non per lo stipendio ma per un ideale. Secondo la mentalità odierna essere eletto da Dio è uguale a dover portare una croce pesante che fa diventare tristi e vivere un’esistenza grilla e dura.

San Giuseppe aveva uno scopo nobile nella sua vita: formare una famiglia con Maria. Dio non rompe il suo piano ma lo fa perfetto. Sarà il padre di una famiglia, ma no di qualsiasi lo sarà della Sacra Famiglia. Dio moltiplica le nostre benedizioni, i nostri frutti, con Lui non avremo mai limiti. Lui fa soavi le difficoltà, quando lo serviamo a Lui, Dio è la nostra letizia, è chi ci rende felici, anzi tutto nei momenti più oscuri.

Oggi dobbiamo ringraziarlo per averci eletti, per chiamarci a essere parte di sua famiglia. Acanto al ringraziamento dobbiamo mettere pure il nostro impegno di amarlo ancora di più, di servirlo meglio, di essere veramente altri cristi. Tutto vale la pena quando si tratta di amare e servire Dio.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

miércoles, 15 de diciembre de 2010

Per pregare meglio - A Gesú Abandonato

OFFERTA RIPARATRICE

O Gesù, vittima d’amore per gli uomini nel SS.mo Sacramento dellìAltare, noi ci sentiamo profondamente commossi nel riflettere sull’abbandono e sulla dimenticanza nella quale sei lasciato dalle tue creature, per le quali hai sparso tutto il tuo preziosissimo sangue e, con una vita di umile lavoro, di ubbidienza e di sacrificio, hai dato l’esempio di tutte le virtù necessarie per l’acquisto del cielo.

Di tanta ingratitudine vogliamo compensare e consolare, o Gesù, il tuo Eucaristico Cuore; e perciò spessa ci porteremo, con la mente e con l’affetto, presso i tuoi tabernacoli solitari e di giorno e di notte ti offriremo atti di adorazione, di riparazione e soprattutto di fervente amore.

Benedici, o Gesù, la nostra comunità e fa che troviamo molte anime che si uniscano a noi in questa santa impresa di farte conoscere ed amare.
Amen.

(Beato Manuel Gonzàlez)

lunes, 13 de diciembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - Domenica III di Avvento

Carissimi fratelli,
ci chiama fortemente l’attenzione la lode che Gesù ha fatto di Giovanni Battista. Credo che sono le parole più significanti che Gesù abbia detto di qualcuno e questo ci fa vedere l’importanza della missione del profeta e la sua autorevolezza.

Questo ci deve far riflettere nella missione profetica di tutti i battezzati. Dal giorno del nostro battesimo siamo abbiamo ricevuto il triplo ministero: sacerdotale, regale e profetico. Sacerdoti per dare a Dio il culto, re per servire al prossimo perché così ha detto il Signore chi vuole essere il primo che sia il servitore di tutti; e profeti per predicare la Parola di Dio.

Siamo già nella terza domenica di Avvento e dobbiamo andare avanti nel compito di essere pronti per il ritorno del Signore. Oggi dobbiamo pensare nella nostra missione evangelizzatrice. Non basta con preoccuparci della nostra salvezza personale, della nostra conversione, dobbiamo aiutare ai nostri fratelli in questo scopo. Così come lo ha fatto il Battista, con le parole e l’esempio.

Fa pena vedere come il Natale ogni volta diventa una festa meno cristiana. So che questa lamentela la ascoltate ogni anno, pero è una verità che ci deve muovere ad attuare. Giovanni è riuscito a svegliare i cuori addormentati della gente del sua paese, ha preparato il cammino a Gesù.

Dobbiamo approfittare questo tempo così speciale per predicare, per dare un messaggio di speranza e di amore. Gesù continua la sua opera nel mondo, a traverso la Chiesa, di ogni cristiano che si lascia portare per lo Spirito Santo. Ciascuno di noi è chiamato ad essere strumento di Dio, ponte per unire l’uomini con il suo Creatore. Soltanto così avremo vissuto un vero Avvento, avremo pure la speranza di ricevere le lode come quelle di Giovanni. Soltanto così potremo ridare al Natale il suo originale significato.

Oggi Gesù ci chiama ad essere profeti, a segnare una differenza ed a gridare a viva voce la gioia di sapere che Lui è tra di noi. La chiave per far crescere la nostra fede è condividerla. Si stai cercando il regalo perfetto per il Natale, il migliore sarà la fede condivisa. Ti darà la più grande gioia e farai felice a chi la riceva, perché conoscerà Dio.
Fino al Cielo.
P. César Piechestein
ilpreteditutti

miércoles, 8 de diciembre de 2010

A Maria Immacolata - Dai «Discorsi» di sant'Anselmo, vescovo

O Vergine, per la tua benedizione è benedetta ogni creatura

Cielo, stelle, terra, fiumi, giorno, notte e tutte le creature che sono sottoposte al potere dell'uomo o disposte per la sua utilità, si rallegrano, o Signora, di essere stati per mezzo tuo in certo modo risuscitati allo splendore che avevano perduto, e di avere ricevuto una grazia nuova inesprimibile. Erano tutte come morte le cose, poiché avevano perduto la dignità originale alla quale erano state destinate. Loro fine era di servire al dominio o alle necessità delle creature cui spetta di elevare la lode a Dio. Erano schiacciate dall'oppressione e avevano perso vivezza per l'abuso di coloro che s'erano fatti servi degli idoli. Ma agli idoli non erano destinate. Ora invece, quasi risuscitate, si rallegrano di essere rette dal dominio e abbellite dall'uso degli uomini che lodano Dio.

Hanno esultato come di una nuova e inestimabile grazia sentendo che Dio stesso, lo stesso loro Creatore non solo invisibilmente le regge dall'alto, ma anche, presente visibilmente tra di loro, le santifica servendosi di esse. Questi beni così grandi sono venuti dal frutto benedetto del grembo benedetto di Maria benedetta.

Per la pienezza della tua grazia anche le creature che erano negl'inferi si rallegrano nella gioia di essere liberate, e quelle che sono sulla terra gioiscono di essere rinnovate. Invero per il medesimo glorioso figlio della tua gloriosa verginità, esultano, liberati dalla loro prigionia, tutti i giusti che sono morti prima della sua morte vivificatrice, e gli angeli si rallegrano perché è rifatta nuova la loro città diroccata.

O donna piena e sovrabbondante di grazia, ogni creatura rinverdisce inondata dal traboccare della tua pienezza. O vergine benedetta e più che benedetta, per la cui benedizione ogni creatura è benedetta dal suo Creatore, e il Creatore è benedetto da ogni creatura.

A Maria Dio diede il Figlio suo unico che aveva generato dal suo seno uguale a se stesso e che amava come se stesso, e da Maria plasmò il Figlio, non un altro, ma il medesimo, in modo che secondo la natura fosse l'unico e medesimo figlio comune di Dio e di Maria. Dio creò ogni creatura, e Maria generò Dio: Dio che aveva creato ogni cosa, si fece lui stesso creatura di Maria, e ha ricreato così tutto quello che aveva creato. E mentre aveva potuto creare tutte le cose dal nulla, dopo la loro rovina non volle restaurarle senza Maria.

Dio dunque è il padre delle cose create, Maria la madre delle cose ricreate. Dio è padre della fondazione del mondo, Maria la madre della sua riparazione, poiché Dio ha generato colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, e Maria ha partorito colui per opera del quale tutte le cose sono state salvate. Dio ha generato colui senza del quale niente assolutamente è, e Maria ha partorito colui senza del quale niente è bene.
Davvero con te è il Signore che volle che tutte le creature, e lui stesso insieme, dovessero tanto a te.

martes, 7 de diciembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - Domenica II di Avvento

Carissimi fratelli,
il nostro Signore Gesù Cristo ha fatto una grande lode di Giovanni Battista. Ha detto che non era nato nessuno più grande di lui e ciò li da una importantissima autorità alle sue parole. Lui è l’ultimo dei profeti.

Fruttificare sempre
La sua missione era preparare il popolo ebreo per farlo capace di ascoltare la Parola del Messia. Il passaggio del Vangelo secondo Matteo, che abbiamo condiviso la domenica scorsa , ci mostra Giovanni come un personaggio che parla senza timore, con sincerità assoluta.

La sue parole sebbene sono dure, ci dicono chiaramente che cammino dobbiamo seguire. Non basta essere “figli di Abramo” perché Dio può li può fare dalle pietre. No basta essere cattolico, avere il certificato di battesimo o della cresima. No possiamo pensare che tutto ciò è abbastanza come per vincere la vita eterna. Dobbiamo produrre i frutti degni di conversione e dobbiamo produrli sempre.

Davanti a questa verità, le risposte di solito sono tantissime. Per prima dobbiamo essere accettare il nostro dovere di rendere i frutti. Non siamo nel mondo per pensare soltanto in noi stessi e nello che vogliamo per noi. Apparteniamo a Dio ed è a Lui a chi dobbiamo rendere i conti. La nostra ragione di essere è servire Dio. Il albero che no produce i frutti sarà tagliato. Chi non è capace di uscire del proprio egoismo, per amare Dio e i fratelli, rischia di essere tagliato.

C’è chi si sente sicuro per i frutti che ha dato nel passato. Me lo diceva un mio amico, che adesso non va più in Chiesa, ma prima andava tutti giorni. Secondo lui il Signore aveva gia raccolto i suoi frutti e bastava con quelli del passato. Sembra che si ha dimenticato che il buon albero produce i soui frutti ogni anno. Se smette da farlo, lo tagliano lo stesso.

C’è chi si sente impossibilitato di dare i frutti. Ragioni ci sono come per fare una collezione: la età, le malattie, la condizione sociale o intellettuale, etc. Vi ricordo la vita di Santa Teresa di Gesù Bambino. Lei è morta nel monastero di chiusura, aveva soltanto 24 anni. La tubercolosi la uccideva lenta e dolorosamente, mentre lei offriva tutta la sua sofferenza per la missione e i missionari. Dal suo letto di dolore è stata capace di sostenere la evangelizzazione e perciò la Chiesa l’ha dichiarata padrona mondiale delle missioni .

Finalmente, non possiamo rimanere senza fare niente. Il tempo d’Avvento è un tempo di conversione per dare i frutti. Cambiare la nostra vita non significa soltanto abbandonare il peccato, ma uscire dell’egoismo e compiere il comandamento nuovo. Questo ci ricorda Giovanni Battista. Questo ci preparerà per accogliere Gesù ogni giorno.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

sábado, 4 de diciembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - Domenica I di Avvento

Carissimi fratelli,
non ci dovrebbe capitare come alla gente nel tempo di Noè, quando “nessuno si rese conto di nulla, fino al momento in cui venne il diluvio e li porto via tutti” (Mt 24,39). Il Signore ci vuole pronti , attenti e ben disposti quando Lui verrà nella sua Gloria.

Svegliati, Gesú ti aspetta !!!
Nel Vangelo di Matteo ci si fa riflettere, con insistenza, un punto veramente importante: la elezione. Dice che quando arriverà il Giorno del Giudizio, alcuni saranno scelti e altri lasciati, abbandonati. Chi non sará pronto, sara lasciato, come si lascia sull'albero la fruta che non é ancora madura .

Certamente la condizione e le caratteristiche degli eletti ormai le sappiamo tutti, perché Gesù ci ha parlato di loro tante volte: obbedire i comandamenti, fare la volontà del Padre, amare Dio sopra ogni cosa e al prossimo come a se stesso, perdonare sempre, etc, etc.

Oggi quando stiamo cominciando il tempo di Avvento, Gesù ci richiama, spera il nostro impegno, perché non vuole abbandonare nessuno, perché a dato la sua vita per tutti, perché il suo amore e per tutta la umanità. Non possiamo vivere un cristianesimo mediocre, una fede fredda o zombie, quando Lui ci creato per essere il sale, la luce, il lievito del mondo.

Quando ci siamo scritti in una competenza ci alleniamo, per avere qualche opportunità di vincere. La vita presente è niente di meno che un allenamento costante, senza pause ne vacanze, sempre in allerta perché nel momento che meno si pensa dovremmo iniziare la partita. E in questa partita non c’è possibilità di rivincita, o siamo della squadra degli eletti o della squadra degli abbandonati.

Dobbiamo cominciare questo tempo di grazia veramente svegli, con gli occhi della fede totalmente aperti. Cristo ci aspetta. Lui stesso è il nostro “allenatore”. Quando venga a stabilire il suo Regno sceglierà la sua squadra, la sua selezione, e potremo far parte di essa soltanto se ci troverà “in forma”.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

jueves, 2 de diciembre de 2010

Per non avere paura del 2012 - Di sant'Efrem, diacono

Vegliate: egli di nuovo verrà

Quando si avicinava il anno 2000 tanti dicevano che il mondo sarebbe finito e ancora siamo cuá. Adesso ci sono alcuni che ci vogliono far credere che il giorno finale sará nel 2012. Noi sapiammo che nessuno sa il giorno in cui Gesú tornerá per giudicare i vivi e i morti. Leggiamo questa bella spiegazione che fa san Efren diacono.

"Nessuno conosce quell'ora, neanche gli angeli, neppure il Figlio (Mt 24, 36). Disse questo per impedire che i discepoli lo interrogassero ancora sul tempo della sua venuta. «Non spetta a voi», disse, «conoscere i tempi e i momenti» (At 1, 7). Egli nascose la cosa perché fossimo vigilanti e ognuno di noi ritenesse che il fatto può accadere ai nostri stessi giorni. Se infatti fosse stato rivelato il tempo della sua venuta, il suo avvento sarebbe rimasto senza mordente, né la sua manifestazione avrebbe costituito oggetto di attesa delle nazioni e dei secoli. Disse perciò semplicemente che sarebbe venuto, ma non determinò il tempo, e così ecco che in tutte le generazioni e nei secoli si mantiene viva la speranza del suo arrivo.

Benché infatti il Signore abbia indicato i segni della sua venuta, tuttavia non si comprende la loro ultima scadenza, poiché attraverso molteplici mutazioni essi vennero, passarono e sono tuttora in atto. La sua ultima venuta infatti è simile alla prima. Come lo attendevano i giusti e i profeti, perché pensavano che si sarebbe rivelato ai loro giorni, così oggi i fedeli desiderano accoglierlo, ognuno nel proprio tempo, appunto perché egli non indicò chiaramente il giorno della sua visita; ciò soprattutto perché nessuno pensasse che fosse sottomesso a costrizione e a tempi colui che ha il libero dominio dei ritmi e dei tempi. Ciò che lui stesso ha stabilito, come poteva essergli nascosto, dal momento che egli stesso ha manifestato perfino i segni della sua venuta?

Disse dunque: «Non lo so», anzitutto per impedire che lo interrogassero ancora, e poi perché risultassero efficaci i segni indicati. Mise in risalto quei segni perché fin dall'inizio tutti i popoli e tutti i tempi avessero motivo di pensare che la sua venuta si sarebbe potuta verificare ai loro giorni.

Vegliate, perché, quando il corpo s'addormenta, ha in noi il sopravvento la natura, e la nostra azione non si svolge secondo la nostra volontà, ma si compie secondo un impulso inconscio. E quando il torpore, cioè la viltà e la trepidazione, domina l'anima, prende dominio su di lei il nemico e fa per suo mezzo ciò ch'essa non vuole. Sulla natura domina una forza bruta e sull'anima domina il nemico.

Pertanto la vigilanza di cui parlò il Signore nostro è prescritta per ambedue: per il corpo, perché non si abbandoni a pesante sonno; per l'anima, perché non cada nel torpore della pusillanimità, secondo quel che dice la Scrittura: «Siate vigilanti, o giusti» (cfr. 1 Cor 15, 34), e: Mi sono alzato e sono con te (cfr. Sal 138, 18), e ancora: Non lasciatevi stancare, e perciò non desistiamo nel ministero che ci è stato affidato (cfr. 2 Cor 4, 1)."

miércoles, 1 de diciembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - Cristo Re del Universo

Carissimi fratelli,
la domanda “Tu che stai subendo la stessa condanna non hai proprio nessun timore di Dio?” che ha fatto il buon ladrone al suo compagno cattivo, ci da la spinta per riflettere oggi. Giustamente è quel timore insieme alla sua fede, quello che lo ha fatto guadagnare il paradiso. Adesso che il Vangelo ci fa ricordare quel momento, credo che dobbiamo anche ricordare la importanza del dono di “Timore di Dio”.

Sebbene non ci ha toccato abitare nella epoca monarchica no ci hanno mancato le pagine della storia e anche i film, come per poter farci una idea di come era il rapporto tra i re e i suoi servi. C’era sempre da parte del popolo un timore reverenziale e una distanza impossibile di accorciare, più di una totale sottomissione. Il compito del re era governare il suo paese e vegliare per il benessere di tutti. Alcuni hanno compiuto il suo dovere molto bene e pure sono stati fatti santi della Chiesa. Altri invece , hanno maltrattato e oppresso il popolo, come si fossero stati i suoi schiavi.

Il nostro unico Re è Gesù. Solo a Lui dobbiamo rendere culto, offrire una totale obbedienza e adorazione. Però quante volte ci dimentichiamo del nostro dovere e ci lasciamo trascinare per il ambiente di ateismo o di religione “light” e finiamo per trattare Gesù più meno come lo ha trattato il ladrone cattivo.

Lo Spirito Santo è chi ci da il Dono di Timore di Dio. Non abbiamo paura di Dio, però sappiamo che e Dio a chi ci rivolgiamo, è al Re del Universo a chi diciamo le nostre preghiere.. Sicuro che ricordare questo ci aiuterà a essere più delicati nel confronto con il Signore all’ora di servirlo, di pregare, e di compiere i nostri doveri. Perché siamo i suoi servi, i suoi schiavi, però allo stesso tempo Lui ci chiama amici. Abbiamo un Re pieno di amore.
 
Oggi il Vangelo ci chiama a coltivare questo dono che ci permetterà approfondire nella nostra relazione e pure nella nostra comunicazione con Dio. Senz’altro ci farà più devoti nella nostra vita spirituale e più coraggiosi nella vita quotidiana.
Fino al Cielo

P. César Piechestein
ilpreteditutti

martes, 30 de noviembre de 2010

Vivere il Avvento - Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate

Il dono dell'Avvento

Fratelli, celebrate come si conviene, con grande fervore di spirito, l'Avvento del Signore, con viva gioia per il dono che vi viene fatto e con profonda riconoscenza per l'amore che vi viene dimostrato.

Non meditate però solo sulla prima venuta del Signore, quando egli entrò nel mondo per cercare e salvare ciò che era perduto, ma anche sulla seconda, quando ritornerà per unirci a sé per sempre.

Fate oggetto di contemplazione la doppia visita del Cristo, riflettendo su quanto ci ha donato nella prima e su quanto ci ha promesso per la seconda.

«È giunto infatti il momento», fratelli, «in cui ha inizio il giudizio a partire dalla casa di Dio» (1 Pt 4, 17). Ma quale sarà la sorte di coloro che rifiutano attualmente questo giudizio? Chi infatti si sottrae al giudizio presente in cui il principe di questo mondo viene cacciato fuori, aspetti, o, piuttosto, tema il Giudice futuro dal quale sarà cacciato fuori insieme al suo principe. Se invece noi ci sottomettiamo già ora al doveroso giudizio, siamo sicuri, e «aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3, 20b-21a). «Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro» (Mt 13, 43).

«Il Salvatore trasfigurerà» con la sua venuta «il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» solo se già prima troverà rinnovato e conformato nell'umiltà al suo il nostro cuore. Per questo dice: «Imparate da me che sono mite ed umile di cuore» (Mt 11, 29). Considera in queste parole la doppia specie di umiltà, quella di conoscenza e quella di volontà. Quest'ultima qui viene chiamata umiltà di cuore. Con la prima conosciamo il nostro niente, come deduciamo dall'esperienza di noi stessi e della nostra debolezza. Con la seconda rifiutiamo la gloria fatua del mondo. Noi impariamo l'umiltà del cuore da colui che «spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» (Fil 2, 7), da colui che, quando fu richiesto per essere fatto re, fuggì; invece quando fu ricercato per essere coperto di oltraggi e condannato all'ignominia e al supplizio della croce, si offrì di propria spontanea volontà.

lunes, 22 de noviembre de 2010

Gesú é l'unico Re, quindi deve essere il tuo Re - Dall'opuscolo «La preghiera» di Origène, sacerdote

Venga il tuo regno

Il regno di Dio, secondo la parola del nostro Signore e Salvatore, non viene in modo da attirare l'attenzione e nessuno dirà: Eccolo qui o eccolo là; il regno di Dio è in mezzo a noi (cfr. Lc 16, 21), poiché assai vicina è la sua parola sulla nostra bocca e nel nostro cuore (cfr. Rm 10, 8). Perciò, senza dubbio, colui che prega che venga il regno di Dio, prega in realtà che si sviluppi, produca i suoi frutti e giunga al suo compimento quel regno di Dio che egli ha in sé. Dio regna nell'anima dei santi ed essi obbediscono alle leggi spirituali di Dio che in essi abita. Così l'anima del santo diventa proprio come una città ben governata. Nell'anima dei giusti è presente il Padre e col Padre anche Cristo, secondo quell'affermazione: «Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23).
 
Ma questo regno di Dio, che è in noi, col nostro instancabile procedere giungerà al suo compimento, quando si avvererà ciò che afferma l'Apostolo del Cristo. Quando cioè egli, dopo aver sottomesso tutti i suoi nemici, consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15, 24. 28). Perciò preghiamo senza stancarci. Facciamolo con una disposizione interiore sublimata e come divinizzata dalla presenza del Verbo. Diciamo al nostro Padre che è in cielo: «Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno» (Mt 6, 9-10). Ricordiamo che il regno di Dio non può accordarsi con il regno del peccato, come non vi è rapporto tra la giustizia e l'iniquità né unione tra la luce e le tenebre né intesa tra Cristo e Beliar (cfr. 2 Cor 6, 14-15).

Se vogliamo quindi che Dio regni in noi, in nessun modo «regni il peccato nel nostro corpo mortale» (Rm 6, 12). Mortifichiamo le nostre membra che appartengono alla terra (cfr. Col 3, 5). Facciamo frutti nello Spirito, perché Dio possa dimorare in noi come in un paradiso spirituale. Regni in noi solo Dio Padre col suo Cristo. Sia in noi Cristo assiso alla destra di quella potenza spirituale che pure noi desideriamo ricevere. Rimanga finché tutti i suoi nemici, che si trovano in noi, diventino «sgabello dei suoi piedi» (Sal 98, 5), e così sia allontanato da noi ogni loro dominio, potere ed influsso. Tutto ciò può avvenire in ognuno di noi. Allora, alla fine, ««l'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte» (1 Cor 15, 26). Allora Cristo potrà dire anche dentro di noi: «Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?» (1 Cor 15, 55; cfr. Os 13, 14). Fin d'ora perciò il nostro «corpo corruttibile» si rivesta di santità e di incorruttibilità; e ciò che è mortale cacci via la morte, si ricopra dell'immortalità del Padre (cfr. 1 Cor 15, 54). Così regnando Dio in noi, possiamo già godere dei beni della rigenerazione e della risurrezione.

martes, 16 de noviembre de 2010

Pensando nel giorno del Giudizio Finale - Dal «Commento sui salmi» di sant'Agostino, vescovo

Non opponiamo resistenza alla prima venuta per non dover poi temere la seconda

«Allora si rallegreranno gli alberi della foresta davanti al Signore che viene, perché viene a giudicare la terra» (Sal 95, 12-13). Venne una prima volta, e verrà ancora in futuro. Questa sua parola è risuonata prima nel vangelo: «D'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo» (Mt 26, 64). Che significa: «D'ora innanzi»? Forse che il Signore deve venire già fin d'ora e non dopo, quando piangeranno tutti i popoli della terra? Effettivamente c'è una venuta che si verifica già ora, prima di quella, ed è attraverso i suoi annunziatori. Questa venuta ha riempito tutta la terra.
La misericordia sta acanto la giustizia

Non poniamoci contro la prima venuta per non dover poi temere la seconda.
Che cosa deve fare dunque il cristiano? Servirsi del mondo, non farsi schiavo del mondo. Che significa ciò? Vuol dire avere, ma come se non avesse. Così dice, infatti, l'Apostolo: «Del resto, o fratelli, il tempo ormai si è fatto breve: d'ora innanzi quelli che hanno moglie vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero; e quelli che godono, come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero, perché passa la scena di questo mondo. Io vorrei vedervi senza preoccupazioni» (1 Cor 7, 29-32).

Chi è senza preoccupazione, aspetta tranquillo l'arrivo del suo Signore. Infatti che sorta di amore per Cristo sarebbe il temere che egli venga? Fratelli, non ci vergogniamo? Lo amiamo e temiamo che egli venga! Ma lo amiamo davvero o amiamo di più i nostri peccati? Ci si impone perentoriamente la scelta. Se vogliamo davvero amare colui che deve venire per punire i peccati, dobbiamo odiare cordialmente tutto il mondo del peccato.

Lo vogliamo o no, egli verrà. Quindi non adesso; il che ovviamente non esclude che verrà. Verrà, e quando non lo aspetti. Se ti troverà pronto, non ti nuocerà il fatto di non averne conosciuto in anticipo il momento esatto.

«E si rallegreranno tutti gli alberi della foresta». È venuto una prima volta, e poi tornerà a giudicare la terra. Troverà pieni di gioia coloro che alla sua prima venuta «hanno creduto che tornerà».

«Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti» (Sal 95, 13). Qual è questa giustizia e verità? Unirà a sé i suoi eletti perché lo affianchino nel tribunale del giudizio, ma separerà gli altri tra loro e li porrà alcuni alla destra, altri alla sinistra. Che cosa vi è di più giusto, di più vero, che non si aspettino misericordia dal giudice coloro che non vollero usare misericordia, prima che venisse il giudice? Coloro invece che hanno voluto usare misericordia, saranno giudicati con misericordia. Si dirà infatti a coloro che stanno alla destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo» (Mt 25, 34). E ascrive loro a merito le opere di misericordia: «Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere» (Mt 25, 35-40) con quel che segue.

A quelli che stanno alla sinistra, poi, che cosa sarà rinfacciato? Che non vollero fare opere di misericordia. E dove andranno?: «Nel fuoco eterno» (Mt 25, 41). Questa terribile sentenza susciterà in loro un pianto amaro. Ma che cosa dice il salmo? «Il giusto sarà sempre ricordato; non temerà annunzio di sventura» (Sal 111, 6-7). Che cos'è questo «annunzio di sventura»? «Via da me nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli» (Mt 25, 41). Chi godrà per la buona sentenza non temerà quella di condanna. Questa è la giustizia, questa è la verità.

O forse perché tu sei ingiusto, il giudice non sarà giusto? O forse perché tu sei bugiardo, la verità non dirà ciò che è vero? Ma se vuoi incontrare il giudice misericordioso, sii anche tu misericordioso prima che egli giunga. Perdona se qualcuno ti ha offeso, elargisci il superfluo. E da chi proviene quello che doni, se non da lui? Se tu dessi del tuo sarebbe un'elemosina, ma poiché dai del suo, non è che una restituzione! «Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?» (1 Cor 4, 7).

Queste sono le offerte più gradite a Dio: la misericordia, l'umiltà, la confessione, la pace, la carità. Sono queste le cose che dobbiamo portare con noi e allora attenderemo con sicurezza la venuta del giudice il quale «Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti» (Sal 95, 13).

domingo, 14 de noviembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - XXXIII Tempo Ordinario

Carissimi fratelli ,

oggi il Vangelo ci chiama a una profonda revisione della nostra vita e di come ci stiamo preparando per il momento quando dovremmo presentarci a giudizio per rendere conto delle nostre opere e omissioni. Il giorno del Giudizio Finale sarà pure il giorno di nostra liberazione, potremmo entrare a sfruttare della promessa che Dio ci ha fatto e che in Gesù si fa realtà. Non dobbiamo avere paura da quel giorno, pero dobbiamo essere prepararci ogni giorno vivendo in totalità la nostra vocazione cristiana.

Gesú ci libererá quando verrá in Gloria
Il Signore comincia il Vangelo affermando che il tempio di Gerusalemme che era il orgoglio degli ebrei, sarebbe distrutto totalmente . Pare che Gesù vuole farci capire cose sono le veramente importanti . Perché quando si tratta delle cose e delle priorità, a volte non abbiamo chiare le idee. La stessa cosa succede con le persone che amiamo e quelle che dobbiamo amare. Tante volte i nostri affetti ci portato dietro a tanti, meno a Gesù, per chi non siamo capaci di riservare ne meno uno dei primi posti. Sappiamo perfettamente che i primo posto è il suo.

Perciò tante volte quando ci arrivano le difficoltà, ci affogano le responsabilità o le prove ci spaventano , a Gesù li diamo le spalle. Oggi si parla troppo delle statistiche dei catolici che vanno in chiesa la domenica. Pur troppo le percentuali sono basse ed è una verità che preoccupa . L’elenco dei ragioni per mancare a Messa è infinito e tanti sono abbastanza creativi.

Il 31 ottobre scorso furono assassinati quasi cinquanta cristiani catolici, tra di loro due preti. La Cattedrale di Bagdad fu rapita con tutti questi fedeli dentro, perché era domenica e loro stavano celebrando la Messa come ogni settimana. Morirono martiri della fede. La domenica seguente, alla stessa ora e nella stessa chiesa i cristiani hanno celebrato la messa. Non si sono scoraggiati, anzi sempre il sangue dei martiri è stato il seme di nuovi cristiani. Nessuno è rimasto a casa, sebbene potrebbero avere usato la scusa della paura ad essere uccisi come i suoi amici.

Gesù ci ricorda che le persecuzioni ci saranno sempre, sono parte della vita dei cristiani, pero noi saremo liberati al finale della nostra vita in questo mondo. Soltanto la perseveranza ci darà i meriti per entrare nel Regno dei Cieli . Soltanto gli eroi ricevono i premi, solo chi ha vinto riceve la corona. Non dobbiamo lasciare che le difficoltà ci facciano smettere di lottare. Dio ci aspetta con le sue braccia paerte.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

martes, 9 de noviembre de 2010

Per pregare meglio - Maria ci da l'esempio

A MARIA RIPARATRICE

Vergine Immacolata, rifugio dei peccatori, Tu che, per riparare le ingurie fatte a Dio ed il male arrecato all’uomo dal peccato, ti rassegnasti alla morte del tuo divino Figlio, sii a noi propizia sempre; e nel cielo, ove regni gloriosa, prosegui in favore nostro la tua opera di zelo e di amore.

Noi vogliamo essere figli tuoi. Tu addimostrati ancora Madre nostra. Ottienici da Gesù, il riparatore divino, che, applicando alle nostre anime il fruto della sua passione e morte, ci liberi dai legami delle nostre iniquità.

Sia egli luce nostra in seno alle tenebre; nostra forza nelle debolezze; nostro soccorso in mezzo ai pericoli; e, dopo averci confortati con la sua grazia e con l’amore suo nel tempo, ci conceda di amarlo, di vederlo e possederlo nell’eternità.
Amen.

(San Pio X, pp)

domingo, 7 de noviembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - XXXII Tempo Ordinario

Carissimi fratelli,
nel Vangelo di oggi San Luca ci mostra a Gesù che ci ricorda una delle verità più importane della nostra fede: la Risurrezione dei morti. Purtroppo l’atteggiamento dei saducei non è il migliore perché cercano di mettere il Signore nella prova, vogliono farlo cadere in una trapola per prenderlo in giro. Pero il Signore che sa come far uscire cose buone delle cattive, sa come approfittare la opportunità per lasciarci una profonda lezione.
Perché ricordare la risurrezione dei morti ci deve far riflettere in alcuni punti essenziali della vita in questo mondo. Alcuni pensano sbagliando che parlare della scatologia è come una strategia per mettere paura alla gente. In realtà pensare nella morte, nel Cielo, nel inferno e nel purgatorio, ci aiuta a comprendere chiaramente qual è il nostro scopo nella vita presente.

La Risurrezione ha vinto la morte !!!
Ricordare che tutti risorgeremo il giorno in cui il Cristo ritornerà in gloria ci aiuta a capire che la vita in questo mondo e un passaggio, è il tempo per guadagnare la vita futura, per fare i meriti che ci permetteranno d’entrare nel Regno dei Cieli . Nella prima lettura di oggi i sette fratelli ci hanno dato una lezione potente . Loro hanno disprezzato sua vita, portando coraggiosamente i dolori delle torture precisamente perché hanno riconosciuto che è preferibile perdere tutto, meno la vita eterna. Fanno n professione di fede totale, che commuove agli stessi assassini .
Altro punto importantissimo è il rapporto che esiste tra questa verità di fede e il amore per il prossimo . Come cristiani sappiamo che la morte non è il finale della nostra esistenza, seno un cambio, la entrata alla vita nuova. Pero sebbene questa speranza ci allontana della disperazione davanti alla morte dei nostri cari, non sempre ricordiamo che non soltanto sono vivi spiritualmente, ma li potremo vedere come li vedevamo en questa vita. Quando saremo risorti ci sarà possibile convivere con i nostri parenti e amici defunti. Potremo condividere altra volta la sua compagnia e il suo affetto. Non saremo esseri astratti , che non si possono toccare, perché tutti avremo i nostri corpi risorti .
Oggi il Signore ci incoraggia a vivere come i suoi discepoli, ricordandoci che c’è una vita perfetta che ci aspetta. Ci consola con la speranza de ritrovare chi portiamo nel cuore, sebbene adesso non li possiamo vedere perché sono partiti prima di noi. Il Signore e buono ed è un dolce Pastore.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

lunes, 1 de noviembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - XXXI Tempo Ordinario

Carissimi fratelli,
La figura di Zaccheo è come una chiamata di attenzione, è l’esempio di qualcuno pronto per fare qualsiasi cosa per Gesù. E mi raccomando, non lo dico soltanto perche lui ha salito sullo sicomòro, ma perché aveva questo atteggiamento di prontezza costante nella ricerca del Signore.

Animo vai con Gesú !
San Luca lo ci fa sapere a traverso i verbi che usa per descrivere la energia di Zaccheo: “corse un po’ avanti e si arrampicò sopra un albero”; “Zaccheo scese subito dall’albero e con grande gioia …”. E poi la sua reazione quasi istantanea quando decide mostrare la sua conversione con il dono della metà dei suoi beni ai poveri e rendendo quattro volte quel che aveva rubato.

C’è un pensiero che dice “Chi da subito, da due volte”. Chi è generoso, che veramente vuole dare, non si fa aspettare. Così è stato l’atteggiamento di Zaccheo. Tanta energia, tanta disponibilità, tanto desiderio di trovare Gesù. Niente lo poteva fermare: nella sua piccolezza, nei pregiudizi della gente, nella coscienza del proprio peccato. Tutto era poco davanti alla opportunità di conoscere il Messia, di ricevere il suo perdono.

La cultura odierna ci spinge verso la indifferenza . Siamo saturati di tutto, nulla ci muove, nessuna cosa ci meraviglia. Fino i bambini hanno perso il desiderio di giocare, la immaginazione, la creatività, quasi nascono annoiati. Questa indifferenza generalizzata ci fa lenti, freddi, non capaci di reagire davanti a una sfida o un problema. Siamo diventati parte di una generazione che vive tra la frustrazione e la noia .

Soltanto Dio fa nuove tutte le cose, solo in Lui tutta la nostra vita ricovera il suo senso. Gesù è venuto per darci una vita abbondante e piena, pero dobbiamo muoverci per trovarla. Zaccheo poteva rimanere nel piano, lamentandosi di essere piccolo, pero decise di salire sull’albero. C’era qualcosa in lui che lo spingeva. Dio già attuava in lui e Zaccheo si è lasciato portare della sua ispirazione.

Oggi Gesù ci invita a imitare Zaccheo. Basta di stare fermi, passivi vivendo nella indifferenza . Dobbiamo andare a incontrare Gesù che ci aspetta in Chiesa. Soltanto Lui ci può dare la gioia di quelli che si sanno amati, la pienezza di chi vive con un obiettivo chiaro. Per chi ha trovato Gesù, questa vita è un anticipo del Cielo.
Fino allo stesso Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

lunes, 25 de octubre de 2010

Per pregare meglio - Davanti al tabernacolo

A GESÚ SACRAMENTATO

Signore mio Gesù Cristo che, per l’amore che porti agli uomini, te ne stai notte e giorno in questo sacramento, tutto pieno di pietà e d’amore, aspettando, chiamando ed accogliendo tutti coloro che vengono a visitarti, io ti credo presente nel sacramento dell’altare; ti adoro dall’abisso del mio niente e ti ringrazio di quante grazie mi hai fatto, specialmente di avermi donato Te stesso in questo sacramento ; di avermi chiamato a visitarti in questa chiesa.

Io saluto oggi il tuo amatissimo ed amabilissimo cuore ed intendo salutarlo per tre fini: 1) In ringraziamento di questo gran dono; 2) In compenso di tutte le ingiurie che hai ricevuto e ricevi in questo sacramento da tutti gli infedeli, eretici e cattivi cristiani; 3) Per adorarti in tutti i luoghi della terra, dove Tu sacramentato te ne stai meno riverito e più abbandonato.

Gesù mio, io ti amo con tutto il cuore; mi pento di aver per il passato tante volte disgustato la tua bontà infinita; propongo con la tua grazia di non offenderti più per l’avvenire; e al presente io, miserabile quale sono, mi consacro tutto a Te, ti dono e rinunzio tutta la mia volontà.

Ti raccomando le anime del purgatorio e, specialmente, le più devote del Santissimo Sacramento e di Maria Santissima. Ti raccomando ancora tutti i peccatori. Unisco infine, Salvatore mio caro, tutti gli affetti miei cogli affetti del tuo amorosissimo cuore e, così uniti, li offro al tuo eterno Padre e lo prego, in nome tuo, che per tuo amore li accetti ed esaudisca.
Amen.

(San Alfonso Maria De Liguori)

viernes, 22 de octubre de 2010

Il Vangelo della Domenica - XXX Tempo Ordinario

Carissimi fratelli,
Dio non è complicato, ma tante volte noi ci complichiamo la vita e pensiamo pure complicare Lui. Quando ne parliamo di pregare Gesù ci da nella preguiera del publbicano una sintesi della preguiera autentica, quella che riesce a conmuovere Dio. Mentre il fariseo, dopo la sua lunga esposizione ritornò a casa sua così come era uscito, il pubblicano ritornò giustificato, vuol dire, perdonato, riconciliato con Dio e godendo nuovamente della Sua amicizia.

"O Dio, abbi pietà di me, peccatore", chiara e contundente preguiera. Credo che possiamo far uscire di questa frase tre idee, che sarebbero come le caratteristiche proprie della autentica preguiera.

Quando dice "O Dio", il pubblicano riconosce che è al Creatore, al onnipotente, con chi parla. Non possiamo mai dimenticare questa verità. Quando ci metiamo in preguiera dobbiamo tenere sempre presente che è a Dios a chi ci rivolgiamo. Lui sta presente e attento, pero non è qualsiasi persona, e il nostro Padre, il nostro Redentore, il Santificatore, è la Santissima Trinità, che ascolta la nostra supplica. Avere questo chiaro ci darà l'attegiamento giusto, la devozione necessaria e pure la riverenza che merita Dio.

"Abbi pietà di me" è la seconda parte. Tante volte li rivolgerono a Gesù questa frase. I lebbrosi, il cieco Bartimeo e tanti altri che li cercavano. Avevano fede in Lui, sapevano che Lui gli poteva socorrere nella sua situazione, nelle sue mancanze. Non lasciava mai nessuno con le mane voute. Non c'è bisogno di fare un'elenco delle nostre necessità, perchè Lui consce fino al numero dei nostri capelli. Basta con farli sapere che tutto lo speriamo di Lui.

"Peccatore", così chiude sua preguiera il pubblicano. Fa un riconoscimento della sua propria persona. Chi sono io davanti il Signore, soltanto un peccatore, una creatura che è stata infedele tante volte, che non sa amare Dio come Lui merita. E implicita in questo riconoscimento la richiesta di perdono. Se voglio essere ricevuto, ascoltato e perdonato, devo riconoscere la mia pochezza, come la pecatora che con le sue lacrime ha lavato i piedi del Signore. Senza parole, ma con quel grande gesto, ha dimostrato inssieme al suo pentimento, anche il suo amore.

Sappiamo perfettamente quale è la importanza e pure la necessità che abbiamo di pregare. Oggi Gesèu ci insegna a pregare bene, a fare della nostra preguiera un momento d'incontro con Dio, di dialogo profondo. Lui ci parlerà nel cuore, basta voler sentire.
Fino al Cielo.

P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

Un ragazzo santo ... Pier Giorgio Frassati

miércoles, 20 de octubre de 2010

Per pregare meglio - Dalla «Lettera a Proba» di sant'Agostino, vescovo

Le aspirazioni del cuore, anima della preghiera

Quando preghiamo non dobbiamo mai perderci in tante considerazioni, cercando di sapere che cosa dobbiamo chiedere e temendo di non riuscire a pregare come si conviene. Perché non diciamo piuttosto col salmista: «Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore e ammirare il suo santuario»? (Sal 26, 4). Ivi infatti non c'è successione di giorni come se ogni giorno dovesse arrivare e poi passare. L'inizio dell'uno non segna la fine dell'altro, perché vi si trovano presenti tutti contemporaneamente. La vita, alla quale quei giorni appartengono, non conosce tramonto.

Per conseguire questa vita beata, la stessa vera Vita in persona ci ha insegnato a pregare, non con molte parole, come se fossimo tanto più facilmente esauditi, quanto più siamo prolissi. Nella preghiera infatti ci rivolgiamo a colui che, come dice il Signore medesimo, già sa quello che ci è necessario, prima ancora che glielo chiediamo (cfr. Mt 6, 7-8).

Potrebbe sembrare strano che Dio ci comandi di fargli delle richieste quando egli conosce, prima ancora che glielo domandiamo, quello che ci è necessario. Dobbiamo però riflettere che a lui non importa tanto la manifestazione del nostro desiderio, cosa che egli conosce molto bene, ma piuttosto che questo desiderio si ravvivi in noi mediante la domanda perché possiamo ottenere ciò che egli è già disposto a concederci. Questo dono, infatti, è assai grande, mentre noi siamo tanto piccoli e limitati per accoglierlo. Perciò ci vien detto: «Aprite anche voi il vostro cuore! Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli» (2 Cor 6, 13-14).

Il dono è davvero grande, tanto che né occhio mai vide, perché non è colore; né orecchio mai udì, perché non è suono; né mai è entrato in cuore d'uomo (cfr. 1 Cor 2, 9), perché è là che il cuore dell'uomo deve entrare. Lo riceveremo con tanta maggiore capacità, quanto più salda sarà la nostra fede, più ferma la nostra speranza, più ardente il nostro desiderio.

Noi dunque preghiamo sempre in questa stessa fede, speranza e carità, con desiderio ininterrotto.

Ma in certe ore e in determinate circostanze, ci rivolgiamo a Dio anche con le parole, perché, mediante questi segni, possiamo stimolare noi stessi e insieme renderci conto di quanto abbiamo progredito nelle sante aspirazioni, spronandoci con maggiore ardore a intensificarle. Quanto più vivo, infatti, sarà il desiderio, tanto più ricco sarà l'effetto. E perciò, che altro vogliono dire le parole dell'Apostolo: «Pregate incessantemente» (1 Ts 5, 17) se non questo: Desiderate, senza stancarvi, da colui che solo può concederla quella vita beata, che niente varrebbe se non fosse eterna?

domingo, 17 de octubre de 2010

Il Vangelo della Domenica - XXIX Tempo Ordinario

Carìssimi fratelli,
nel Vangelo di questa domenica il Signore vuole insegnarci a pregare sempre, senza stanchezza . Certamente qualche volta ci può sembrare noioso pregare. Ma come mai tanti santi avevano questo grande desiderio verso la preguiera, senza stancarsi, senza trascurare questa parte così importante della vita interiore?.

Quando facciamo qualcosa che ci fa piacere non vogliamo fermarci. Nessuno, a meno que sia malato, desidera non mangiare più. Restare con le persone che amiamo è sempre qualcosa voluta, cercata. Allora se per noi la preguiera è l’incontro con il migliore amico, il momento di trovare a chi ci ama, e ci aspetta sempre, dovrebbe essere un grande piacere. Se risulta essere una cosa noiosa non è perchè ci manca il amore a Dio, ma perchè ancora non abbiamo imparato a fare della nostra preguiera un vero dialogo con Gesù.

La vedova della parábola ci insegna che nostra preguiera debe essere persistente, umile è sopratutto piena di fede. Persistente perchè sappiamo che all’amico non lo possiamo cercare soltanto quando ne abbiamo bisogno. Sarebbe tropo egoísta. Allora nostra amicizia ci farà cercarlo ogni giorno, a volte per chiedere, a volte per ringraziare, a volte solo per parlare, per restare con Lui. Umile perchè riconosciamo che non è il nostro impiegato, quindi tutto quello che ci da è una grazia, un favore. Non possiamo essigere.

La fede è il fondamento del nostro rapporto con Gesù. Mettere tutta la nostra fiducia soltanto in Lui, perchè nessuno ci ama come ci ama Lui.

Vi invito a fare il vostro cammino di preguiera. Non basta con ripetere le preguiere imparate a memoria. Quello certamente è un aiuto, pero non basta. Con fede, umiltà e perseveranza mettiamoci davanti a Gesù Sacramentato a parlare. Diciamo tutto quello che portiamo nel cuore, quello che si dice agli amici, come si parla tra chi si amano. Vi asicuro che sarà un grande piacere e non vi stancherete mai.
Fino al Cielo

P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

sábado, 16 de octubre de 2010

Vangelo e tabernacolo

Un tabernacolo fa tanto meditare!

Il miglior libro di meditazione davanti al tabernacolo è il Vangelo: non sta force, sia nell'uno che nell' altro, vivo, reale,e palpitante di amore, lo stesso Gesù?

Nel Vangelo si narrano fatti della vita di Gesù; tu puoi ricordarli e imaginarti spettatore di essi.
Quanto è facile meditare , davanti a un tabernacolo, la nascita, la povertà e le gioie di Betlemme, le angoscie dell'Egitto, le ingratitudine del pretorio di Pilato, l'abbandono e la desolazione del Getsemani e del Calvario !

Quanto è dolce dire, in tutta verità, guardando la porticina del tabernacolo: a Te è toccato tutto ciò!...

Nel Vangelo si raccontano miracoli di Gesù per soccorrere alle necessità del'anima e del corpo, miracoli che confermano la divinità del Maestro. Non hanno bisogno di miracoli la tua anima e il tuo corpo? perchè non devi metterti davanti a Gesù che fa miracoli, come il cieco di Gerico, come il paralitico delle piscina, come il lebbroso del deserto, come l'indemoniato, come l'incurabile, come il morto?...

Non èe una reliquia ciò che ci è restato di Colui che faceva tali miracoli : è lo stesso Gesù, con lo stesso potere, la stessa compasione, lo stesso cuore ...

Nel Vangelo si riferiscono detti e parabole; si fanno promesse, si predicono persecuzioni e fatti futuri; e che importanza asume tutto ciò e quale impronta lascia nell'anima, quando si può assicurare a noi stessi, parlando con un dolcissimo tempo presente: Tu mi stai dicendo queste parole: "Nel mondo soffrirete vessazioni, però abiate fiducia. Io ho vinto il mondo"; "Io sarò con voi fino alla consumazione dei secoli"; "Chiedete e riceverete"; "Uscì il seminatore a seminare il suo seme" ...

Nel Vangelo si predicano e si praticano virtù ammirevoli. Come gode l'anima nel vedere ripetute, in ogni momento, queste virtù di Gesù nella sua vita di tabernacolo!

Come si sentono nel tabernacolo e si assaporano l'umiltà, la povertà, l'abnegazione, l'amore, l'amore fino alla fine, del Vangelo!

E la contemplazione dell'umiltà che impiccolisce tanto un Gesù Cristo così grande, o l'amore che palpita nel Cuore Eucaristico di Gesù, non forniranno forse un momento di meditazione?

Beato Manuel Gonzàlez "Il vescovo del tabernacolo abbandonato"

Il cuore della Chiesa