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jueves, 30 de diciembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - Domenica della Santa Famiglia

Carissimi fratelli,

Domenica scorsa abbiamo celebrato due grandi feste: la Santa Famiglia e Santo Stefano. Sicuro deve esserci un messaggio che mette insieme queste due celebrazioni . Sono convinto che la parola chiave è coraggio.

Tanti credono che se siamo fedeli il Signore ci farà la vita più facile. Molti ancora affermano che c’è un rapporto stretto tra fede e benessere. Tanti, purtroppo invece di cercare in Dio la forza e il coraggio, sperano di Lui rifugio e soluzioni.

Lo abbiamo ricevuto, adesso dobbiamo portarlo.
Il passaggio che abbiamo letto ci ricorda che il Bambino Gesù, appena nato, ha dovuto scappare insieme Giuseppe e Maria, per salvare la vita. Erode voleva ammazzare il Messia perché vedeva in Lui un pericolo per il suo potere. Una volta morto Erode sono riusciti a rientrare in Israele, ma nascosti in Nazareth, perché Archelao era così cattivo come suo padre. Nemmeno a suo proprio Figlio Dio fa facili le cose. La vita è piena di ostacoli, non per farci cadere, ma per allenarci, per farci diventare più forti.

Santo Stefano predicava con energia, senza riposo, benché sapeva che sua parola non era accolta bene da parte delle autorità ebrea. Poteva avere taciuto ed evitare tanti problemi, ma non avrebbe adempiuto sua missione. La sua perseveranza li costo la vita. Dio fu la sua fortezza e saggezza per andare avanti , anche la sua misericordia ha ricevuto per perdonare i suoi assassini .

Se Dio non ha tolto ne alla Santa Famiglia, ne a nessun santo le difficoltà ne le sofferenze della vita, perché dovrebbe farlo con noi ? Dobbiamo accettare che la vita in questo mondo non è perfetta nemmeno rosata. Ciascuno ha una parte di problemi e dolori che portare avanti, è la nostra croce. Non serve a niente rifiutarla o chiedere al Signore che ci la tolga. Ma sicuramente ci darà la forza per portarla, infatti ce’la offre tutti giorni nei sacramenti, nella sua Parola, a traverso la preghiera.

Essendo finito il tempo di avvento, tempo per prepararci, adesso dobbiamo vivere il tempo liturgico di Natale, che finirà colla festa del Battesimo del Signore. Questo tempo ci deve servire per, avendo ricevuto a Gesù adesso dobbiamo portarlo a tutti quelli che ancora non lo conoscono. Dobbiamo diventare portatori della Luce. Andiamo al’incontro delle nostre difficoltà con coraggio, sapendo che Dio è con noi e così potremo illuminare il mondo del benessere e farli capire che la cosa più importante è il amore. E non c’è amore senza sacrificio, ne sacrificio senza dolore.
Fino al Cielo.
P. Cèsar Piechestein
ilpreteditutti

jueves, 23 de diciembre de 2010

Dio si é fatto un bimbo !!!

Non c'é piú grande gioia che sapere quanto é grande l'amore di Dio.Ci ha inviato suo Figlio, nato in una famiglia, un bimbo santo.

Dobbiamo celebrare questa festa della nostra salvezza anche in famiglia e insegnare ai piccoli ció che é veramente importante: Dio si é fatto carne, si é fatto uno di noi.

Vi saluto con tantissimo affetto e vi benedico.
Buon Natale per tutti !!!

miércoles, 22 de diciembre de 2010

Maria porta il Vangelo a Elisabetta - Di sant'Ambrogio, vescovo

La visitazione di Maria

L'angelo, che annunziava il mistero, volle garantirne la veridicità con una prova e annunziò alla vergine Maria la maternità di una donna vecchia e sterile, per dimostrare così che a Dio è possibile tutto ciò che vuole. Appena Maria ebbe udito ciò, si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell'annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall'intima gioia. Dove ormai, ricolma di Dio, poteva affrettarsi ad andare se non verso l'alto? La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze.

Lei é la prima missionaria
Subito si fanno sentire i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore. Infatti «appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, esultò il bambino nel seno di lei, ed ella fu ricolma di Spirito Santo» (cfr. Lc 1, 41). Si deve fare attenzione alla scelta delle singole parole e al loro significato. Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia; essa udì secondo l'ordine della natura, egli esultò in virtù del mistero; essa sentì l'arrivo di Maria, egli del Signore; la donna l'arrivo della donna, il bambino l'arrivo del bambino. Esse parlano delle grazie ricevute, essi nel seno delle loro madri realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse: e queste per un duplice miracolo profetizzano sotto l'ispirazione dei figli che portano.

Del figlio si dice che esultò, della madre che fu ricolma di Spirito Santo. Non fu prima la madre a essere ricolma dello Spirito, ma fu il figlio, ripieno di Spirito Santo, a ricolmare anche la madre.

Esultò Giovanni, esultò anche lo spirito di Maria. Ma mentre di Elisabetta si dice che fu ricolma di Spirito santo allorché Giovanni esultò, di Maria, che già era ricolma di Spirito santo, si dice che allora il suo spirito esultò. Colui che è incomprensibile, operava in modo incomprensibile nella madre. L'una, Elisabetta, fu ripiena di Spirito Santo dopo la concezione, Maria invece prima della concezione.

«Beata — disse — tu che hai creduto» (cfr. Lc 1, 45). Ma beati anche voi che avete udito e creduto: ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere.

Sia in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se c'è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio, purché, immacolata e immune da vizi, custodisca la castità con intemerato pudore. Ogni anima, che potrà mantenersi così, magnifica il Signore come magnificò il Signore l'anima di Maria, e il suo spirito esultò in Dio salvatore.

Come avete potuto leggere anche altrove: «Magnificate il Signore con me» (cfr. Sal 33, 4), il Signore è magnificato non perché la parola umana possa aggiungere qualcosa alla grandezza del Signore, ma perché egli viene magnificato in noi. Cristo è l'immagine di Dio: perciò l'anima che compie opere giuste e pie magnifica l'immagine di Dio a somiglianza della quale è stata creata, e mentre la magnifica, partecipa in certo modo alla sua grandezza e si eleva.

lunes, 20 de diciembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - Domenica IV di Avvento

Carissimi fratelli,

nella seconda lettura di questa domenica è San Pablo chi ci ricorda per primo che è stato scelto e ci da la chiave per riflettere. Nel Vangelo possiamo leggere come Dio fa sapere a San Giuseppe che anche lui è uno scelto, nel suo caso come padre adottivo del Bambino Gesù. Entrambi ci danno la testimonianza di una risposta docile, di donazione totale y definitiva .

Grande é stata la gioia di Giuseppe
Tutti conosciamo che ne a San Paolo, ne a San Giuseppe fu facile compiere con il compito assegnato da Dio. E pure verità che non si è sentito mai dire che loro si siano lamentati per le difficoltà o siano andati in dietro nei momenti duri che la missione a loro assegnata li ha portati. Tutti i due ci insegnano che fare la volontà di Dio deve essere il nostro obiettivo , il centro della nostra vita. Senza quello scopo diventeremmo sterili, la nostra vita sarebbe una noia, senza ragione di essere.

Essere eletto da Dio è un privilegio, una benedizione, ma purtroppo alcuni non la pensano così. Sembrerebbe che sentono pena davanti alle testimonianze di chi ha impegnato la propria vita a Dio, o di chi ogni giorno serve agli più poveri, o a chi lavora con tutta la sua energia non per lo stipendio ma per un ideale. Secondo la mentalità odierna essere eletto da Dio è uguale a dover portare una croce pesante che fa diventare tristi e vivere un’esistenza grilla e dura.

San Giuseppe aveva uno scopo nobile nella sua vita: formare una famiglia con Maria. Dio non rompe il suo piano ma lo fa perfetto. Sarà il padre di una famiglia, ma no di qualsiasi lo sarà della Sacra Famiglia. Dio moltiplica le nostre benedizioni, i nostri frutti, con Lui non avremo mai limiti. Lui fa soavi le difficoltà, quando lo serviamo a Lui, Dio è la nostra letizia, è chi ci rende felici, anzi tutto nei momenti più oscuri.

Oggi dobbiamo ringraziarlo per averci eletti, per chiamarci a essere parte di sua famiglia. Acanto al ringraziamento dobbiamo mettere pure il nostro impegno di amarlo ancora di più, di servirlo meglio, di essere veramente altri cristi. Tutto vale la pena quando si tratta di amare e servire Dio.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

miércoles, 15 de diciembre de 2010

Per pregare meglio - A Gesú Abandonato

OFFERTA RIPARATRICE

O Gesù, vittima d’amore per gli uomini nel SS.mo Sacramento dellìAltare, noi ci sentiamo profondamente commossi nel riflettere sull’abbandono e sulla dimenticanza nella quale sei lasciato dalle tue creature, per le quali hai sparso tutto il tuo preziosissimo sangue e, con una vita di umile lavoro, di ubbidienza e di sacrificio, hai dato l’esempio di tutte le virtù necessarie per l’acquisto del cielo.

Di tanta ingratitudine vogliamo compensare e consolare, o Gesù, il tuo Eucaristico Cuore; e perciò spessa ci porteremo, con la mente e con l’affetto, presso i tuoi tabernacoli solitari e di giorno e di notte ti offriremo atti di adorazione, di riparazione e soprattutto di fervente amore.

Benedici, o Gesù, la nostra comunità e fa che troviamo molte anime che si uniscano a noi in questa santa impresa di farte conoscere ed amare.
Amen.

(Beato Manuel Gonzàlez)

lunes, 13 de diciembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - Domenica III di Avvento

Carissimi fratelli,
ci chiama fortemente l’attenzione la lode che Gesù ha fatto di Giovanni Battista. Credo che sono le parole più significanti che Gesù abbia detto di qualcuno e questo ci fa vedere l’importanza della missione del profeta e la sua autorevolezza.

Questo ci deve far riflettere nella missione profetica di tutti i battezzati. Dal giorno del nostro battesimo siamo abbiamo ricevuto il triplo ministero: sacerdotale, regale e profetico. Sacerdoti per dare a Dio il culto, re per servire al prossimo perché così ha detto il Signore chi vuole essere il primo che sia il servitore di tutti; e profeti per predicare la Parola di Dio.

Siamo già nella terza domenica di Avvento e dobbiamo andare avanti nel compito di essere pronti per il ritorno del Signore. Oggi dobbiamo pensare nella nostra missione evangelizzatrice. Non basta con preoccuparci della nostra salvezza personale, della nostra conversione, dobbiamo aiutare ai nostri fratelli in questo scopo. Così come lo ha fatto il Battista, con le parole e l’esempio.

Fa pena vedere come il Natale ogni volta diventa una festa meno cristiana. So che questa lamentela la ascoltate ogni anno, pero è una verità che ci deve muovere ad attuare. Giovanni è riuscito a svegliare i cuori addormentati della gente del sua paese, ha preparato il cammino a Gesù.

Dobbiamo approfittare questo tempo così speciale per predicare, per dare un messaggio di speranza e di amore. Gesù continua la sua opera nel mondo, a traverso la Chiesa, di ogni cristiano che si lascia portare per lo Spirito Santo. Ciascuno di noi è chiamato ad essere strumento di Dio, ponte per unire l’uomini con il suo Creatore. Soltanto così avremo vissuto un vero Avvento, avremo pure la speranza di ricevere le lode come quelle di Giovanni. Soltanto così potremo ridare al Natale il suo originale significato.

Oggi Gesù ci chiama ad essere profeti, a segnare una differenza ed a gridare a viva voce la gioia di sapere che Lui è tra di noi. La chiave per far crescere la nostra fede è condividerla. Si stai cercando il regalo perfetto per il Natale, il migliore sarà la fede condivisa. Ti darà la più grande gioia e farai felice a chi la riceva, perché conoscerà Dio.
Fino al Cielo.
P. César Piechestein
ilpreteditutti

miércoles, 8 de diciembre de 2010

A Maria Immacolata - Dai «Discorsi» di sant'Anselmo, vescovo

O Vergine, per la tua benedizione è benedetta ogni creatura

Cielo, stelle, terra, fiumi, giorno, notte e tutte le creature che sono sottoposte al potere dell'uomo o disposte per la sua utilità, si rallegrano, o Signora, di essere stati per mezzo tuo in certo modo risuscitati allo splendore che avevano perduto, e di avere ricevuto una grazia nuova inesprimibile. Erano tutte come morte le cose, poiché avevano perduto la dignità originale alla quale erano state destinate. Loro fine era di servire al dominio o alle necessità delle creature cui spetta di elevare la lode a Dio. Erano schiacciate dall'oppressione e avevano perso vivezza per l'abuso di coloro che s'erano fatti servi degli idoli. Ma agli idoli non erano destinate. Ora invece, quasi risuscitate, si rallegrano di essere rette dal dominio e abbellite dall'uso degli uomini che lodano Dio.

Hanno esultato come di una nuova e inestimabile grazia sentendo che Dio stesso, lo stesso loro Creatore non solo invisibilmente le regge dall'alto, ma anche, presente visibilmente tra di loro, le santifica servendosi di esse. Questi beni così grandi sono venuti dal frutto benedetto del grembo benedetto di Maria benedetta.

Per la pienezza della tua grazia anche le creature che erano negl'inferi si rallegrano nella gioia di essere liberate, e quelle che sono sulla terra gioiscono di essere rinnovate. Invero per il medesimo glorioso figlio della tua gloriosa verginità, esultano, liberati dalla loro prigionia, tutti i giusti che sono morti prima della sua morte vivificatrice, e gli angeli si rallegrano perché è rifatta nuova la loro città diroccata.

O donna piena e sovrabbondante di grazia, ogni creatura rinverdisce inondata dal traboccare della tua pienezza. O vergine benedetta e più che benedetta, per la cui benedizione ogni creatura è benedetta dal suo Creatore, e il Creatore è benedetto da ogni creatura.

A Maria Dio diede il Figlio suo unico che aveva generato dal suo seno uguale a se stesso e che amava come se stesso, e da Maria plasmò il Figlio, non un altro, ma il medesimo, in modo che secondo la natura fosse l'unico e medesimo figlio comune di Dio e di Maria. Dio creò ogni creatura, e Maria generò Dio: Dio che aveva creato ogni cosa, si fece lui stesso creatura di Maria, e ha ricreato così tutto quello che aveva creato. E mentre aveva potuto creare tutte le cose dal nulla, dopo la loro rovina non volle restaurarle senza Maria.

Dio dunque è il padre delle cose create, Maria la madre delle cose ricreate. Dio è padre della fondazione del mondo, Maria la madre della sua riparazione, poiché Dio ha generato colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, e Maria ha partorito colui per opera del quale tutte le cose sono state salvate. Dio ha generato colui senza del quale niente assolutamente è, e Maria ha partorito colui senza del quale niente è bene.
Davvero con te è il Signore che volle che tutte le creature, e lui stesso insieme, dovessero tanto a te.

martes, 7 de diciembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - Domenica II di Avvento

Carissimi fratelli,
il nostro Signore Gesù Cristo ha fatto una grande lode di Giovanni Battista. Ha detto che non era nato nessuno più grande di lui e ciò li da una importantissima autorità alle sue parole. Lui è l’ultimo dei profeti.

Fruttificare sempre
La sua missione era preparare il popolo ebreo per farlo capace di ascoltare la Parola del Messia. Il passaggio del Vangelo secondo Matteo, che abbiamo condiviso la domenica scorsa , ci mostra Giovanni come un personaggio che parla senza timore, con sincerità assoluta.

La sue parole sebbene sono dure, ci dicono chiaramente che cammino dobbiamo seguire. Non basta essere “figli di Abramo” perché Dio può li può fare dalle pietre. No basta essere cattolico, avere il certificato di battesimo o della cresima. No possiamo pensare che tutto ciò è abbastanza come per vincere la vita eterna. Dobbiamo produrre i frutti degni di conversione e dobbiamo produrli sempre.

Davanti a questa verità, le risposte di solito sono tantissime. Per prima dobbiamo essere accettare il nostro dovere di rendere i frutti. Non siamo nel mondo per pensare soltanto in noi stessi e nello che vogliamo per noi. Apparteniamo a Dio ed è a Lui a chi dobbiamo rendere i conti. La nostra ragione di essere è servire Dio. Il albero che no produce i frutti sarà tagliato. Chi non è capace di uscire del proprio egoismo, per amare Dio e i fratelli, rischia di essere tagliato.

C’è chi si sente sicuro per i frutti che ha dato nel passato. Me lo diceva un mio amico, che adesso non va più in Chiesa, ma prima andava tutti giorni. Secondo lui il Signore aveva gia raccolto i suoi frutti e bastava con quelli del passato. Sembra che si ha dimenticato che il buon albero produce i soui frutti ogni anno. Se smette da farlo, lo tagliano lo stesso.

C’è chi si sente impossibilitato di dare i frutti. Ragioni ci sono come per fare una collezione: la età, le malattie, la condizione sociale o intellettuale, etc. Vi ricordo la vita di Santa Teresa di Gesù Bambino. Lei è morta nel monastero di chiusura, aveva soltanto 24 anni. La tubercolosi la uccideva lenta e dolorosamente, mentre lei offriva tutta la sua sofferenza per la missione e i missionari. Dal suo letto di dolore è stata capace di sostenere la evangelizzazione e perciò la Chiesa l’ha dichiarata padrona mondiale delle missioni .

Finalmente, non possiamo rimanere senza fare niente. Il tempo d’Avvento è un tempo di conversione per dare i frutti. Cambiare la nostra vita non significa soltanto abbandonare il peccato, ma uscire dell’egoismo e compiere il comandamento nuovo. Questo ci ricorda Giovanni Battista. Questo ci preparerà per accogliere Gesù ogni giorno.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

sábado, 4 de diciembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - Domenica I di Avvento

Carissimi fratelli,
non ci dovrebbe capitare come alla gente nel tempo di Noè, quando “nessuno si rese conto di nulla, fino al momento in cui venne il diluvio e li porto via tutti” (Mt 24,39). Il Signore ci vuole pronti , attenti e ben disposti quando Lui verrà nella sua Gloria.

Svegliati, Gesú ti aspetta !!!
Nel Vangelo di Matteo ci si fa riflettere, con insistenza, un punto veramente importante: la elezione. Dice che quando arriverà il Giorno del Giudizio, alcuni saranno scelti e altri lasciati, abbandonati. Chi non sará pronto, sara lasciato, come si lascia sull'albero la fruta che non é ancora madura .

Certamente la condizione e le caratteristiche degli eletti ormai le sappiamo tutti, perché Gesù ci ha parlato di loro tante volte: obbedire i comandamenti, fare la volontà del Padre, amare Dio sopra ogni cosa e al prossimo come a se stesso, perdonare sempre, etc, etc.

Oggi quando stiamo cominciando il tempo di Avvento, Gesù ci richiama, spera il nostro impegno, perché non vuole abbandonare nessuno, perché a dato la sua vita per tutti, perché il suo amore e per tutta la umanità. Non possiamo vivere un cristianesimo mediocre, una fede fredda o zombie, quando Lui ci creato per essere il sale, la luce, il lievito del mondo.

Quando ci siamo scritti in una competenza ci alleniamo, per avere qualche opportunità di vincere. La vita presente è niente di meno che un allenamento costante, senza pause ne vacanze, sempre in allerta perché nel momento che meno si pensa dovremmo iniziare la partita. E in questa partita non c’è possibilità di rivincita, o siamo della squadra degli eletti o della squadra degli abbandonati.

Dobbiamo cominciare questo tempo di grazia veramente svegli, con gli occhi della fede totalmente aperti. Cristo ci aspetta. Lui stesso è il nostro “allenatore”. Quando venga a stabilire il suo Regno sceglierà la sua squadra, la sua selezione, e potremo far parte di essa soltanto se ci troverà “in forma”.
Fino al Cielo.

P. César Piechestein
ilpreteditutti

jueves, 2 de diciembre de 2010

Per non avere paura del 2012 - Di sant'Efrem, diacono

Vegliate: egli di nuovo verrà

Quando si avicinava il anno 2000 tanti dicevano che il mondo sarebbe finito e ancora siamo cuá. Adesso ci sono alcuni che ci vogliono far credere che il giorno finale sará nel 2012. Noi sapiammo che nessuno sa il giorno in cui Gesú tornerá per giudicare i vivi e i morti. Leggiamo questa bella spiegazione che fa san Efren diacono.

"Nessuno conosce quell'ora, neanche gli angeli, neppure il Figlio (Mt 24, 36). Disse questo per impedire che i discepoli lo interrogassero ancora sul tempo della sua venuta. «Non spetta a voi», disse, «conoscere i tempi e i momenti» (At 1, 7). Egli nascose la cosa perché fossimo vigilanti e ognuno di noi ritenesse che il fatto può accadere ai nostri stessi giorni. Se infatti fosse stato rivelato il tempo della sua venuta, il suo avvento sarebbe rimasto senza mordente, né la sua manifestazione avrebbe costituito oggetto di attesa delle nazioni e dei secoli. Disse perciò semplicemente che sarebbe venuto, ma non determinò il tempo, e così ecco che in tutte le generazioni e nei secoli si mantiene viva la speranza del suo arrivo.

Benché infatti il Signore abbia indicato i segni della sua venuta, tuttavia non si comprende la loro ultima scadenza, poiché attraverso molteplici mutazioni essi vennero, passarono e sono tuttora in atto. La sua ultima venuta infatti è simile alla prima. Come lo attendevano i giusti e i profeti, perché pensavano che si sarebbe rivelato ai loro giorni, così oggi i fedeli desiderano accoglierlo, ognuno nel proprio tempo, appunto perché egli non indicò chiaramente il giorno della sua visita; ciò soprattutto perché nessuno pensasse che fosse sottomesso a costrizione e a tempi colui che ha il libero dominio dei ritmi e dei tempi. Ciò che lui stesso ha stabilito, come poteva essergli nascosto, dal momento che egli stesso ha manifestato perfino i segni della sua venuta?

Disse dunque: «Non lo so», anzitutto per impedire che lo interrogassero ancora, e poi perché risultassero efficaci i segni indicati. Mise in risalto quei segni perché fin dall'inizio tutti i popoli e tutti i tempi avessero motivo di pensare che la sua venuta si sarebbe potuta verificare ai loro giorni.

Vegliate, perché, quando il corpo s'addormenta, ha in noi il sopravvento la natura, e la nostra azione non si svolge secondo la nostra volontà, ma si compie secondo un impulso inconscio. E quando il torpore, cioè la viltà e la trepidazione, domina l'anima, prende dominio su di lei il nemico e fa per suo mezzo ciò ch'essa non vuole. Sulla natura domina una forza bruta e sull'anima domina il nemico.

Pertanto la vigilanza di cui parlò il Signore nostro è prescritta per ambedue: per il corpo, perché non si abbandoni a pesante sonno; per l'anima, perché non cada nel torpore della pusillanimità, secondo quel che dice la Scrittura: «Siate vigilanti, o giusti» (cfr. 1 Cor 15, 34), e: Mi sono alzato e sono con te (cfr. Sal 138, 18), e ancora: Non lasciatevi stancare, e perciò non desistiamo nel ministero che ci è stato affidato (cfr. 2 Cor 4, 1)."

miércoles, 1 de diciembre de 2010

Il Vangelo della Domenica - Cristo Re del Universo

Carissimi fratelli,
la domanda “Tu che stai subendo la stessa condanna non hai proprio nessun timore di Dio?” che ha fatto il buon ladrone al suo compagno cattivo, ci da la spinta per riflettere oggi. Giustamente è quel timore insieme alla sua fede, quello che lo ha fatto guadagnare il paradiso. Adesso che il Vangelo ci fa ricordare quel momento, credo che dobbiamo anche ricordare la importanza del dono di “Timore di Dio”.

Sebbene non ci ha toccato abitare nella epoca monarchica no ci hanno mancato le pagine della storia e anche i film, come per poter farci una idea di come era il rapporto tra i re e i suoi servi. C’era sempre da parte del popolo un timore reverenziale e una distanza impossibile di accorciare, più di una totale sottomissione. Il compito del re era governare il suo paese e vegliare per il benessere di tutti. Alcuni hanno compiuto il suo dovere molto bene e pure sono stati fatti santi della Chiesa. Altri invece , hanno maltrattato e oppresso il popolo, come si fossero stati i suoi schiavi.

Il nostro unico Re è Gesù. Solo a Lui dobbiamo rendere culto, offrire una totale obbedienza e adorazione. Però quante volte ci dimentichiamo del nostro dovere e ci lasciamo trascinare per il ambiente di ateismo o di religione “light” e finiamo per trattare Gesù più meno come lo ha trattato il ladrone cattivo.

Lo Spirito Santo è chi ci da il Dono di Timore di Dio. Non abbiamo paura di Dio, però sappiamo che e Dio a chi ci rivolgiamo, è al Re del Universo a chi diciamo le nostre preghiere.. Sicuro che ricordare questo ci aiuterà a essere più delicati nel confronto con il Signore all’ora di servirlo, di pregare, e di compiere i nostri doveri. Perché siamo i suoi servi, i suoi schiavi, però allo stesso tempo Lui ci chiama amici. Abbiamo un Re pieno di amore.
 
Oggi il Vangelo ci chiama a coltivare questo dono che ci permetterà approfondire nella nostra relazione e pure nella nostra comunicazione con Dio. Senz’altro ci farà più devoti nella nostra vita spirituale e più coraggiosi nella vita quotidiana.
Fino al Cielo

P. César Piechestein
ilpreteditutti